
Alcune persone del passato, per il loro
modo di essere e/o di agire, tornano occasionalmente nella mente di tanti loro
ex coetanei i quali, a distanza di anni, sono perfettamente in grado di
proporsele davanti ai propri occhi e di ricordarne lineamenti e caratteristiche
comportamentali. Se poi tali identikit mnemonici sono arricchiti dal ricordo di
altre doti come signorilità, buona moralità, cordialità, diligenza nel lavoro,
ecc., forse qualcuno sentirà un po’ la mancanza di quelle persone.
Tra esse, trova adeguato spazio e giusta
luce nel monitor della memoria di tanti un vigile urbano cui non hanno fatto
certamente difetto, tra l’altro, le qualità sopra descritte. Tuttavia l’etichetta
di personaggio storico, limitatamente al territorio nicastrese, è conferita non
tanto da meriti speciali o da ruoli di primaria importanza, bensì da vicende
che hanno avuto grande cassa di risonanza o da aneddoti particolarmente
curiosi. E' il caso del vigile urbano Mario
Anzani Ciliberti, deceduto da diversi anni. Ai suoi tempi per la verità
erano noti, per un verso o per l’altro, quasi tutti i suoi colleghi, dal
comandante Colacino ai vari Buccinnà, Cugnetto, De Marco, Lucchino, Miscimarra,
Natrella, Notarianni, Pupello, Trovato ecc.
Tuttavia, Don Mario emergeva sugli altri -
sempre in fatto di popolarità - sia perché si esprimeva in un italiano tutto
suo e sia perché ritenuto protagonista di scenette gustose e simpaticissime. Il
“don” davanti al nome di battesimo non era prerogativa di tutti. Ad
Anzani gli era unanimemente riconosciuto più che per diritto di ... famiglia o
per appartenenza al corpo dei vigili, quanto per l’ampia stima meritatasi in
tanti anni di contatti con la gente. Ancora oggi chi lo ricorda per questo o
quel motivo, difficilmente ne pronunzia il nome e cognome senza farli precedere
da quel predicato d’onore abitualmente riservato a nobili, a ecclesiastici, a
commercianti e imprenditori particolarmente in vista.
Don Mario in prime nozze sposò Angelina
Montesanti, deceduta nel maggio del 1960 in coincidenza del decimo parto finito
drammaticamente con la morte anche del nascituro. Il dolore, a detta di una
vicina di casa, fu struggente per lui per i figli, sei dei quali viventi:
Elisa, Milena, Alfonso, Antonio, Graziella e Concetta. Nel dicembre dello
stesso anno il compianto vigile formò una seconda famiglia con Giovanna
Jannazzo allietata da tre lieti eventi: Gianfranco, Domenico e Felicia. Il 17
giugno del 1969, a soli cinquantacinque anni di età (era nato il 25 marzo del
1914), l’Anzani cessò di vivere.
Egli, però, è rimasto nel cuore dei
familiari e nel piacevole ricordo di tanti concittadini per la gentilezza, il
rispetto verso tutti e per altri “meriti”. Don Mario Anzani era assai noto per
l’inflessione dialettale che era ben lontana da quella usata dai compaesani e
dovuta al fatto di avere egli trascorso diversi anni al Nord; tant’è che molti
lametini, disconoscendone le vere origini, per il suo modo di parlare erano
convinti fosse nato in altra regione. Era invece un nicastrese purosangue.
Statura normale, fisico asciutto, passo
svelto; accusava una sorta di tic nervoso per il quale spesso tirava su
istintivamente ora l’una ora l’altra spalla. Accanito fumatore - due pacchetti
di sigarette erano la razione minima quotidiana - e per hobby la caccia. Due
passioni che trovano adeguato risalto nel curioso aneddoto a lui attribuito e
in calce riferito. Per passatempo non disdegnava talvolta una partitina a carte
con amici. Ligio e inflessibile nel lavoro, Don Mario era stimato e ben voluto
da tutti. Forse soltanto i ragazzi che giocavano in mezzo alla strada, non lo
vedevano tanto di buon occhio, temendone rimproveri e reiterate minacce. Alla
sua vista alcuni se la davano a gambe. Con loro era severo, specie con i più
irrequieti: non tollerava che procurassero fastidio ai passanti e agli abitanti
del rione con i loro schiamazzi o che intralciassero la circolazione con i loro
giochi al centro della carreggiata. Con fare apparentemente burbero profferiva
le solite tre paroline: “Se ti
pissico... ” (se ti
prendo).
E’ da precisare al riguardo che il vero
spauracchio per quei ragazzi era però un suo collega, di cui si tace il nome,
perché requisiva le palle di gomma, che essi acquistavano generalmente da Di
Terlizzi in piazza Stocco, e impietosamente le squarciava con un temperino che
teneva nascosto tra le mani incrociate dietro la schiena.
Attorno a Don Mario sono fiorite delle
simpaticissime storielle: alcune di esse sono abbastanza attendibili se non
addirittura certe, altre sono verosimilmente frutto della fantasia di qualche
buontempone, altre ancora hanno qualche fondamento di verità frammista ad
artificiosi contorni e poi fatte a lui indossare come abito su misura. Tuttavia
alcune di esse sono carine e vale davvero la pena di raccontarle ai lettori,
anche per la semplice ragione che esse fanno ancor più risaltare le grandi doti
umane e la forte simpatia di questo indimenticato personaggio.
Qualcuno rammenta che una volta Don Mario
elevò contravvenzione per divieto di sosta a carico del proprietario di una
“Lambretta”, motoretta allora tanto in voga al pari della “Vespa” prodotta
dalla Piaggio. Il mezzo, oggetto di contravvenzione perché parcheggiato da uno
dei figli del vigile in zona vietata nei pressi dell’Edificio Scolastico,
apparteneva allo stesso Anzani. E il testimone aggiunge che la multa fu
regolarmente pagata.
Altro simpatico siparietto è compendiato
dalla frase divenuta ... storica: “Lei è di traca” (di traverso).
A distanza di anni sono in tanti a ricordarla e a riconoscerne la paternità
facendola risalire, per l’appunto, al compianto vigile urbano. La rivolse, a
spiegazione dell’infrazione riscontrata, a una signorina milanese che aveva
parcheggiato la propria autovettura su Corso G. Nicotera non parallelamente,
come da segnaletica, ma perpendicolarmente al marciapiede, tra due mezzi. La
donna, in procinto di risalire in macchina dopo aver fatto degli acquisti,
chiese al vigile la ragione per la quale egli stava rilevando il numero di
targa. Don Mario, senza sollevare gli occhi dal bollettario delle
contravvenzioni, diede la laconica quanto famosa risposta: “Lei è di traca”. Non
conoscendo il dialetto parlato dall’agente municipale e ipotizzando che questi
la ritenesse originaria di un paese, da lei mai sentito nominare, chiamato
evidentemente Traca, l’automobilista tenne a precisare: “No, mì son de Milàn ”.
E lui, senza scomporsi, ribatté: “Che è di Milano non ha importanza.
Ripeto: lei è di traca”. Poi,
resosi conto, di non essere stato abbastanza chiaro, fu più esplicito: “La macchina non l’ha parcheggiata
bene, l’ha messa di traca”, accompagnando le parole con un eloquente gesto
della mano. Chiarito l’equivoco, alla donna non rimase altro che conciliare e
tirar fuori i quattrini della multa, abbozzando un mezzo e pure un tantino
amaro sorrisetto per lo strano vocabolo usato dall’intransigente vigile.
Banale ma sicuramente simpatico e spassoso
è un altro aneddoto con protagonista il nostro simpaticissimo vigile. Da appassionato
cacciatore, all’apertura della stagione venatoria, Don Mario infilava il fucile
a tracolla, sistemava cartucciera e carniere alla cintola e via per i campi,
ottimista - come ogni seguace della dea Diana - di far incetta di selvaggina.
Quando c’era la “passa”, vale a dire il passaggio degli uccelli migratori, si
avviava di buonora verso lo Stretto, zona all’altezza dell’incrocio tra la
strada "Due Mari" e via del Progresso, oppure verso contrada Palazzo,
alla periferia sud di Nicastro. I giorni liberi egli li dedicava solitamente a
questo suo hobby.
Al rientro da un’escursione venatoria,
come ricordava anni fa uno dei suoi abituali compagni di caccia, con l’amico si
parlava del più e del meno. Ricorrente il discorso sui risultati di precedenti
e proficue uscite di caccia, ciascuno ingrandendo a dismisura numero e
dimensioni delle presunte prede, in linea con il generalizzato vezzo di
esclusiva prerogativa di pescatori e di cacciatori. A un certo punto i due
parlarono, vantandole, delle armi da ciascuno possedute. Don Mario dichiarò di
detenere un paio di ottime “doppiette” e una carabina eccezionale per
rifiniture e precisione di tiro. E invitò l’amico, che lo stava riaccompagnando
in macchina nell’abitazione di via S. Lucia, a salire un attimo in casa per
mostrargli il tanto decantato armamentario.
Quel giorno e in quell’ora nella dimora
degli Anzani non c’era nessuno. Il vigile si premurò di rimediare le chiavi per
aprire. Tastò con una mano giubbotto e pantaloni in corrispondenza delle varie
tasche dopo aver passato, di volta in volta, nell’altra l’immancabile sigaretta
accesa. La ricerca fu difficoltosa. Con il fucile in spalla, la cartucciera, il
carniere e le varie cinghiette, egli incontrava non poche difficoltà
nell’infilare la mano nelle tasche e recuperare la chiave del portoncino, in
dialetto nicastrese "chiavino", dalle dimensioni pressappoco di una
sigaretta. Passò logicamente del tempo. Finalmente la mano destra fu
indirizzata verso la toppa, ma l’uscio tardava ad aprirsi.
L’amico, incuriosito, sbirciò da sopra le
spalle del padrone di casa e notò che questi, un po’ per nervosismo e un po’
per distrazione, nel buco della serratura aveva infilato la sigaretta accesa.
La chiave stava nella mano sinistra. Con tono di bonario rimprovero se ne uscì
con questa splendida battuta, accompagnata da un ironico sorrisetto: “O don Ma’, ’ccùlla sigaretta
vulìti rapirìri ’a porta?”; e
aggiunse: “E mo trasìmu...!”
(O don Mario, con la sigaretta volete
aprire la porta? E mai entreremo!).
à Demetrio Russo
Sono felice di aver letto un articolo oosì ben fatto su mio nonno! Non avendo potuto conoscere mio nonno a causa della sua morte prematura.. con questo articolo ho potuto conoscere qualcosa in più su di lui. Sono sempre pi fiero di portare il suo stesso nome e di indossare una divisa come lui..
RispondiEliminaCordiali saluti
da Mario Anzani Ciliberi, figlio di Antonio, colui che prese la contravvenzione con la lambretta di don mario
sono felice di aver letto la storia di uno zio che non ho mai conosciuto ,(il fratello di mia nonna ) Grazie a chi lo ricorda
RispondiEliminaSono la nipote dell'unica sorella che Mario Anzani aveva, ringrazio per l'interessamento, vi sarebbero altri anedotti da raccontare .....pero'ci teniamo a precisare che zio Mario parlava un italiano perfetto .......
RispondiEliminaGentilissimi nipoti di Don Mario Anzani,
RispondiEliminavi ringrazio per i commenti positivi al servizio sullo stimatissimo Don Mario, ancora oggi ricordato da molti concittadini, e sono altresì compiaciuto di aver fornito elementi e messo in risalto doti di lui, a voi utili per una più approfondita valutazione del carattere e delle grandi qualità del vostro parente. Per quanto riguarda l'appunto mosso dalla nipote in merito all'uso della lingua italiana che io, nel servizio, avrei escluso tra le di lui conoscenze, preciso: ho frequentato spesso Don Mario, sia quando abitavamo vicini (lui a Santa Lucia ed io in Via Statti) ed anche dopo, avendo avuto e praticato assieme degli hobby come la caccia e, per passatempo, il gioco delle carte. In quelle occasioni e in tantissime altre, il linguaggio usato dall'indimenticato Don Mario era quello descritto nel "pezzo". Ciò non significa che egli disconoscesse la lingua italiana.
Di aneddoti con lui protagonista ne stanno tanti, alcuni probabilmente più curiosi e interessanti di quelli da me riportati, ma per citarli tutti di spazio ne occorrerebbe a iosa.
Sono la figlia grande del personaggio descritto non posso che complimentarmi con lo scrittore mi ha vatto vivere un attimo di gioventu GRAZIE GRAZIE MILLE VOLTE GRAZIE
RispondiEliminaSplendido articolo in nome di un nonno tanto caro nei ricordi di molti e che purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere se non tra attraverso i racconti di famiglia.
RispondiEliminaMilena? No, Wilma.
Grazie da tutti noi.
Che il nonno fosse particolare lo si capisce da ciò che è rimasto cmq grazie
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