4 - ALBERTO BEVILACQUA volontario di guerra in Africa orientale




Due articoli pubblicati dal giornale “Il Popolo” di Roma nel lontano 1936, entrambi siglati G. F., resero omaggio al comportamento eroico in guerra del giovane caporalmaggiore Armando Bevilacqua, ritenuto all’epoca il primo soldato nicastrese ad essere rimasto seriamente ferito nei combattimenti in Africa Orientale.
Ne riportiamo alcuni stralci non per rispolverare uno dei periodi più controversi della storia italiana, bensì per ricordare un concittadino, da qualche lustro scomparso, partito volontario appena ventenne, come tantissime altre giovani leve, sulle ali dell’entusiasmo e di prospettive risultate alla fine aleatorie e per nulla gratificanti; soprattutto per lui che per tutta la vita sopportò nel corpo e nello spirito il peso di una esuberanza giovanile segnata da permanenti ferite, per le quali in seguito non ha avuto il riconoscimento riservato a invalidi di guerra. Così sostiene un figlio, Rossano, che conserva gelosamente queste storiche testimonianze, di cui ho ricevuto copia.
Si legge in uno dei servizi di quel giornale: “Questa città – ovvio riferimento a Nicastro – che alla guerra europea offrì in olocausto alla Patria oltre duecento morti e che a centinaia e centinaia contò gli eroici feriti, apprendo con legittimo orgoglio che un suo figliuolo prediletto, il caporalmaggiore Bevilacqua Armando di Francesco, del 12° artiglieria, in Africa Orientale, nel combattimento dell’Endertà è stato ferito alla gamba sinistra e al braccio destro. L’eroico giovinetto, appena ventenne, essendo nato nel 1915, è volontario di guerra, e quando sentì premere nel suo cuore quasi infantile il bisogno di difendere la Patria, attraverso una seconda domanda di volontario, ha potuto vedere le sue aspirazioni esaudite.”
Prosegue l’articolista: “Le sue lettere inviate adesso ai parenti e agli amici, rigurgitano di entusiasmo e mentre con esse non si lagna delle sofferenze patite per il piombo nemico che ha lacerato le sue fresche carni, dichiara di non vedere l’ora di riprendere la sua attività…(omissis) di soldato umile e senza pretese.”
Nel pezzo a firma G. F., è riportata la lettera che il caporalmaggiore nicastrese inviò al fratello maggiore Alberto, assai noto in città per la cordialità e correttezza dimostrate in tanti anni di lavoro come ragioniere presso la Ditta Bruno Bertucci.
In essa si legge: “Alberto carissimo…se ben ricordi, ti scrissi che per la presa di Amba Aradam avremmo trovato delle resistenze; e come infatti fu proprio così. La mattina del … (il numero non è chiaro) profittando della nebbia che copriva il monte, facemmo l’avanzata, quando verso le dieci, allorché eravamo a metà di raggiungere la vetta, incominciammo a sentire i primi colpi abissini che fischiavano sulle nostre teste con accanita resistenza di più gruppi situati in diverse località. Allora il generale, verso le undici, diede l’ordine di avanzare e di superare il monte. Vidi allora quello che non credevo: più sparavamo e più abissini si vedevano comparire davanti a noi e da ogni lato come se sorgessero dalla terra stessa. Figurati che erano 80 mila. Alle dodici demmo l’assalto. Nella fuga pazza, per raggiungere al più presto la sommità del monte, passavamo sopra i cadaveri dei nemici, calpestandoli spesso, essendo numerosi, più di ventimila. Mi trovavo a pochi passi da loro, quando all’improvviso sento come un gran colpo scoppiare poco distante da me; mi sentii tutto tremare ma pur facendo subito coraggio, dopo sette o otto passi, caddi a terra e mi vidi insanguinato. Ero ferito alla gamba sinistra e al braccio destro e dal fianco mi usciva anche del sangue. Immediatamente portato al primo posto di soccorso fui medicato. Poi mi hanno portato all’ospedale di Macallè e da questo ad Asmara, dove mi trovo quasi guarito”.
Armando Bevilacqua del 12° artiglieria in Africa Orientale – conclude il servizio giornalistico   sul “Popolo” di Roma – due volte volontario ed eroico giovane di Calabria, figliuolo prediletto di Nicastro, è stato il primo a dare il suo sangue per la patria, e vogliamo sperare che egli possa nuovamente tornare in trincea”.
Il nostro concittadino nacque a Nicastro il 10 ottobre del 1915. Al ritorno dall’Africa, segnato da ferite fisiche e psicologiche, trovò assistenza e conforto in famiglia, soprattutto nel matrimonio con la leggiadra signorina Maria Tavella dalla quale ha avuto tre figli: Elena, Franco e Rossano. Alcuni anni prima di convolare a nozze fu assunto come impiegato dal locale ufficio del Consorzio di Bonifico, andando in pensione dopo quarant’anni di apprezzato lavoro. L’ex caporalmaggiore è venuto meno all’affetto dei suoi cari nel febbraio del ’98, confortato dai figli e dalla moglie, quest’ultima scomparsa alcuni anni più tardi (giugno 2012).


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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari