38 - SCARPE VECCHIE E CARNE DURA



Un curioso battibecco – la fonte è quella di un anziano artigiano che in fatto di aneddoti e curiosità ascritti a nostri concittadini ne sa un sacco e una sporta – sarebbe avvenuto all’interno di una macelleria, all’epoca operante in una delle piazzette più frequentate della città. Il condizionale è d’obbligo per ovvie ragioni, anche se colui che lo racconta asserisce di tratti di un episodio veramente accaduto. Tale aneddoto lo riferisco ai lettori ai quali molto probabilmente tornerà gradito perché esso, a prescindere dall’autenticità o no, contiene delle battute straordinariamente gustose ed esilaranti. Da questo punto di vista un momento di relax e di sano umorismo quantomeno è garantito.
Aldo (nome fittizio per non correre il rischio di toccare la suscettibilità sua e degli altri protagonisti o di loro parenti), giovane garzone di una calzoleria, entra nella macelleria sita nella piazzetta poco distante con in mano un involto. Davanti al bancone si trovano altre persone per degli acquisti. Senza attendere il proprio turno, vuoi per la fretta raccomandatagli dal suo datore di lavoro vuoi anche per carenza di educazione, egli richiama l’attenzione del commerciante intento a pesare e ad incartare delle costolette di maiale richieste da un cliente. “Don Franco – dice con tono un po’ sostenuto mentre si fa largo tra le persone che gli stanno davanti e allunga la mano destra per poggiare sul bancone l’involucro - m’ha mandatu ’u mastru ppìmmu ci vutàti i sordi ca ’sta carni chi ci avìavu datu stamatina è tosta cumu ’u cùoju chi usàmu nùa ’ppi cunsàri ‘’i scarpi da genti” (Don Franco, mi ha mandato il mio principale con la richiesta di restituirgli i soldi di questa carne comprata stamattina e che ha trovato dura come il cuoio da noi usato per riparare le scarpe della gente).
Il negoziante si fa scuro in volto e mastica amaro. Trova quantomeno inopportuni quel richiamo ad alta voce e in particolar modo quel giudizio dispregiativo sulla sua merce alla presenza di abituali acquirenti. Nel tentativo di far buon viso a cattivo gioco e ribadire la qualità dei suoi prodotti, risponde per le rime con una trovata geniale e umoristicamente gradevole, come avrebbe confermato il sorrisetto di qualcuno dei presenti. “Aldù – ribatte a chiare lettere il macellaio - dicci allu mastru: prima mu si fha aggiustàri a dintìara e pùa mu si mangia ’a bistecca mia. Dopu po' dire s’è tènnara o no! ’A carni ch’a vìndu ìju, null’ha nissun’autra macelleria”. (Aldo, dì al maestro di farsi prima sistemare la dentiera e poi mangi la mia bistecca. Dopo potrà dire se è tenera oppure no! La carne che vendo io non l’ha nessun’altra macelleria). 
Subito dopo, per stemperare il clima d’imbarazzo nel locale e…condire meglio la risposta da dare all’artigiano, aggiunge: “O Aldù, aspetta ’nu pocu: dicci puru a numi mìu allu mastru scarpàru tùa c’ha truvatu ’i fhetti d’arrùstu duri cumu ’nu cùoju, ppicchì null’ha usati mu risùola ’nu pari ’i scarpi vecchi chi teni ’nta putìga?” (Aldo, aspetta un po’: riferisci a nome mio al tuo calzolaio come mai, avendo trovato le due fettine di arrosto dure come il cuoio, non le ha usate per risuolare un paio delle tante scarpe vecchie che tiene nella bottega?).
Il giovane garzone se ne torna indietro con in mano la carne contestata e riferisce al principale il motivo del rifiuto e le osservazioni, parola per parola, fatte dal macellaio. Il ciabattino, che in fatto di battute spiritose non è certamente secondo alla “controparte”,  riprende suo malgrado il pacchetto con le bistecche contestate e rimanda Aldo in macelleria con questo messaggio: “M’ha dittu u mastru mu vi dico ch’a ci ha pruvàtu ccu ‘nu paru ’i stivali, ma si cci hanu sturtigghjàtu i simìgi!”  (Don Franco, mi ha detto il mastro di dirci che ha provato con un paio di stivali, ma si sono piegati i chiodini!).


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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari