Raccontava un avvocato ad alcuni suoi
amici un fatto accaduto molto tempo fa in un’aula del Tribunale, nell’ex Comune
di Nicastro, dove si stava celebrando il processo, per maltrattamenti in
famiglia, a carico di un anziano contadino che abitava in una casa colonica,
nella zona-sud della ridente cittadina tirrenica. A una delle domande del
magistrato riguardo alle generalità e allo stato di famiglia, l’imputato se ne
uscì con una risposta buffa da far sorridere – dato il luogo e le circostanze –
i presenti e tale da rimanere simpaticamente impressa nella mente di quei pochi
che la udirono in udienza e dei tanti ai quali essa fu in seguito riferita. I
contenuti della divertente storiella non consentono di indicare i nomi di
coloro che ebbero un ruolo nella vicenda, soprattutto in considerazione del
fatto che non è certo se essa sia realmente accaduta. Unica testimonianza al
riguardo è data da quel che ha riferito una delle persone alle quali il legale
l’avrebbe raccontata. Per tale ragione, è opportuno ricorrere, per quanto
riguarda il protagonista, a generalità fittizie.
D.: “Come vi chiamate?”;
R.: “Caruso Pasquale”(nome
fittizio);
D.: “Quando siete nato?”;
R.: “U milli e novicìantu vintinòvi a
Nicàstru” (il 1929 a Nicastro, ora Lamezia Terme);
D.: “Siete sposato?”
R.: “Gnorsì, ccù una ’i Santu Tidòru”
(Sì, con una del rione San Teodoro);
D.: “Avete prole?”
R.: “’Unn’hàjiu capìtu…” (non ho capito …);
D.: “Chiedevo se avete figli”;
R.: “Ah,
gnorsì: ’dua pròli e ’na pròla” (due maschi e una femmina), rispose l’imputato,
ritenendo di far bella figura adeguandosi, si fa per dire, alla terminologia
del magistrato...! Demetrio
Russo
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