37 - BARZELLETTE SENTITE E "RIVESTITE" -(aggiornamento)


1 - un battesimo…(im)possibile
Un'anziana donna benestante, non avendo parenti stretti, vive da sola in un decoroso appartamento in pieno centro assieme ad una cagnolina alla quale giornalmente riversa cure e affetto. Un pomeriggio si reca in parrocchia per parlare col sacerdote. "Don Vincenzo - dice con voce riverente e implorante - ho bisogno di un grosso favore. Non potete dirmi di no".
"In che cosa posso esservi utile" risponde il reverendo, mostrando attenzione e disponibilità verso la sua affezionata parrocchiana. "Voi lo sapete che vivo da sola e non ho altri affetti in casa se non quelli per questa mia bestiolina, che si chiama Titti e che vorrei fosse da voi battezzata".
"Mia cara signora - ribatte subito don Vincenzo - sapete benissimo che la cosa non è fattibile: la Chiesa non ammette che si battezzino anche gli animali".
"Dovete farmelo questo favore, don Vincenzo. Ve lo chiedo con tutto il cuore e per disobbligarmi ho preparato questa busta con una discreta offerta (10.000 euro) per i bisogni della parrocchia".
  Nel profferire tali parole l'anziana donna porge al sacerdote l'involucro con dentro il denaro. Il prete allunga la mano, prende la busta e, apparentemente imbarazzato, dichiara:
"Vediamo cosa si può fare. Aspettatemi un attimo". Don Vincenzo prende l'aspersorio in sagrestia e soddisfa la richiesta della signora raccomandandole caldamente di non farne parola con alcuno per evitare che altre richieste simili siano fatte per cani, gatti, ecc., ecc.
  Durante la notte il sacerdote non riesce a prender sonno. E' assalito da tanti scrupoli e da senso di colpa. Di primo mattino si reca in diocesi. Al presule racconta il fatto ammettendo la propria debolezza nell'aderire alla richiesta della parrocchiana e nell'accettare il denaro per i noti bisogni della parrocchia (urgenti lavori da fare alla struttura).
  Il vescovo, dopo un formale richiamo sulle cose che si possono fare e su quelle che non si dovrebbero fare, avuta anche assicurazione che l'episodio rimarrà circoscritto e nel più assoluto riserbo, chiude l'incontro con la seguente raccomandazione:
"Don Vincenzo, quando rivedrai la signora, ricordale che la cresima di Titti la farò io. Non te ne dimenticare".


2 - Orecchio mancante e lenti a contatto.
Il primo giorno di scuola entra in una terza classe delle Elementari il nuovo maestro, un tipo bassino e grassottello, dal carattere scontroso e tutt'altro che disponibile al sorriso. Caratteristica questa dovuta quasi certamente alla menomazione in viso: gli è stato amputato tutto il padiglione dell’orecchio destro in seguito ad un incidente stradale. Posata la borsa sulla cattedra, osserva con sguardo intimidatorio gli scolari, alcuni dei quali si scambiano battute, commenti e sorrisi di scherno con riferimento al nuovo arrivato e alla sua infermità. L’insegnante, intenzionato a ristabilire in classe serietà, ordine e ruoli, rivolto a uno dei più attivi in fatto di disturbo, gli urla: “Come ti chiami e cosa hai da ridere?”.  Antonello, lo studente in questione, fornisce le proprie generalità e poi con tutta sincerità ammette che, non avendo mai visto una persona priva di un orecchio, la cosa gli è sembrata davvero buffa. Il maestro non la prende bene e ordina allo scolaro di raggiungere subito l’angolo dietro la lavagna. Il docente prende di mira un altro, Giandomenico, compagno di banco e di... risate di Antonello. “E tu – gli grida – spiegami questo tuo comportamento da scemo matricolato. Lo sai che il riso abbonda sulla bocca degli stolti?”. Lo scolaro, senza mostrare preoccupazioni o timori di sorta, risponde candidamente: “Prifhissù, ’a vulìti sapìri a virità? Vidìri ad unu ccù n’arìcchia sè e n’autra no, mi fha ridìri. Chi cci pùazzu fhàri (Professore, volete sapere la verità? Vedere una persona con un orecchio sì e l’altro no, mi fa ridere. Che cosa posso farci).  Anche per lui scatta la punizione del maestro che lo spedisce fuori dell’aula. Come primo giorno di scuola evidente che le cose non promettono nulla di buono nei rapporti tra insegnante e alunni. Per la verità, dopo quell’impatto col neo maestro, la scolaresca assume un comportamento meno irrispettoso per tema di altri provvedimenti disciplinari. Un terzo ragazzo seduto in ultima fila e con la ribaltina del banco alzata nella speranza di non essere visto, sottovoce sta ridacchiando e confabulando con il collega accanto. Dal maestro, cui non sono sfuggiti gesti e risolini in fondo all’aula, il ridanciano Claudio (nome di fantasia) è invitato a raggiungere la cattedra. Gli viene subito chiesto: “Che cosa stavate dicendo o commentando, tu e il tuo compagno, da motivare le risatine sottobanco?”. E lo scolaro, per non essere da meno di coloro che l’hanno preceduto in termini di spavalderia, ma nella speranza di evitare provvedimenti disciplinari, la prende come suole dirsi alla larga rispetto ai due che lo hanno preceduto. Rivolto lo sguardo verso gli occupanti dei banchi in prima fila, confessa con toni tra il serio e il faceto: “Prifhissù, ci dicìa a Micùzzu, ’u cumpàgnu ’i bancu, c’a vùa purtàti sicuramenti i lenti a cuntàttu” (Professore, stavo dicendo a Domenico, mio compagno di banco, che voi portate certamente lenti a contatto). Il maestro, sorpreso da questa risposta che ha preciso riscontro nella realtà, chiede con curiosità: “E come te ne sei accorto?”. Pronta la battuta di Claudio, tra le risate della scolaresca alla quale da autentico birbone ha strizzato l’occhio: “Senza ’na ’rìcchia l’occhiali normali cumu ’i putèravu purtàri!” (Senza un orecchio come avreste potuto portare gli occhiali normali!)

3 - Infortuni…visivi.
In un ufficio postale di periferia opera un’anziana signora con problemi agli occhi. A causa della crescente miopia porta occhiali da vista con lenti molto spesse. Per leggere o firmare deve spesso abbassare il capo o sollevare il documento in esame fin quasi a toccarlo con la punta del naso. Una mattina entra nell’ufficio un giovane operaio per pagare un’utenza con bollettino postale precompilato. Non ci sono altre persone nel settore riservato al pubblico e lui attende educatamente che l’impiegata termini di completare un’operazione interna. Il tempo passa e lei non sospende il lavoro che sta facendo per servire la gente allo sportello. L’uomo alquanto spazientito la sollecita a sbrigarlo dovendo riprendere il lavoro: “Oh signò – le dice con deciso tono di voce - sbrigàtimmi ch’a vaàju i prèscia” (Signora, servitemi perché vado di fretta). L’impiegata alza il capo e a causa della vista che le crea brutti scherzi, è convinta che davanti allo sportello vi siano più persone. Pertanto, replica al neo arrivato invitandolo a pazientare finché lei non finisca di completare la pratica in corso e, comunque, ad attendere il proprio turno. L’operaio controlla ancora l'orologio e avendo rilevato un ritardo maggiore del tollerabile, con modi poco urbani borbotta frasi poco comprensibili, frutto di rabbia e d’impazienza. Ma l’altra non dà alcun peso a quelle rimostranze. Non ha alcuna intenzione di interrompere l’operazione e abbassa il capo sul documento per completarlo. A un certo punto il giovane, stanco di aspettare, perde le staffe. Non riesce a trattenere la rabbia che ha in corpo e batte forte il pugno sul bancone. La signora, che sorda non è, alza la testa e guardando attraverso il tondino nel vetro divisorio, domanda con aria di minaccia: “Chi è stato?”. L’operaio, capito l’infortunio…visivo dell’impiegata e intenzionato a cogliere l’occasione di prestarsi al gioco e chiuderla lì, se ne esce con una simpaticissima battuta: “Oh signò, unn’è ch’a ccù tutta sta genti chi c'è 'cca dintra, mo’ v’ha pigghjàti ccu mmìa?” (Signora, non è che tra tutta questa gente qui dentro, adesso incolpate me?).

4 - Vista corretta in ritardo.
Un maturo signore, sposato e senza figli, da qualche tempo accusava problemi alla vista. Più volte si è sottoposto a visita specialistica senza ottenere mai risultati soddisfacenti. Un giorno, capitato in una grande città, nota l’insegna di un ottico su un negozio abbastanza ampio e frequentatissimo. Entra e, venuto il suo turno, chiede al dottore un paio di occhiali nuovi previo un accurato controllo della vista. Il cliente, inforcati gli occhiali, gira lo sguardo intorno per controllarne la visibilità e con grande sorpresa e compiacimento nota di vedere benissimo. Appena inquadra il volto della moglie, il sorriso scompare dalle sue labbra e l’iniziale compiacimento si tramuta in un malcelato disappunto. Rivolto alla consorte osserva storcendo il muso: “Avessi avuto questi occhiali prima di sposarti.”

5 - Un prete amico di…Bacco.
Il sagrestano della chiesetta sita nella frazione collinare di un piccolo paese del cosentino, noto come “Mastru ’Ntoni ’u scarpàru” (normalmente svolgeva l’attività di ciabattino) una mattina di domenica nel predisporre paramenti e quant’altro necessario per la celebrazione della santa Messa da parte del parroco Don Arcangelo, si accorge che non c’è vino sia nell’ampolla e sia nella bottiglia di scorta. Fa presente il problema al sacerdote che subito ne trova (almeno ne è convinto) la soluzione: sollecita l’aiutante a recarsi nella casa colonica, sita qualche centinaio di metri di distanza, e chiedere la solita bottiglia alla padrona di casa, la signora Concetta, una parrocchiana di sana fede e di sana…economia. L’uomo entra nella cascina e trova la donna intenta a preparare il mangime per le galline che razzolano nel recinto posto in un angolo. Le dice con tono cortese e deciso: “Mi manda don Arcangelo per una bottiglia di vino. Stamattina mi sono accorto che non ne abbiamo per il sacro rito e lui mi ha detto di rivolgermi a voi che avreste senz’altro provveduto”. La contadina tira fuori dall’interno della camicetta uno sgualcito foglietto di notes e fa rilevare all’altro la fornitura alla canonica di ben undici bottiglie ancora non pagate. Alza le mani e storce il muso per esprimere la decisione di non fare altro credito. Subito dopo al sagrestano, rimasto quasi di sasso per il diniego di una cosa destinata al sacro culto, affida l’incarico di questo preciso messaggio da riferire al sacerdote: “Mastru ’Ntò, a don Arcàngilu dicìti ch’à l’ultima s’ha pigghiàta ièri sìra; ’ppìmmu 'a furnìsci ‘ppìmmu s’attàcca alla buttìgghia e ’mu s’ha scùla tutta. Ieri sira ’na ’ntìcchia ha putìa pùru lassàri ’ppi ’stà matìna, o no?” (Maestro Antonio, dite a don Arcangelo che appena ieri sera ne ha ritirata una e di smetterla di attaccarsi alla bottiglia e scolarsela tutta. Un po’ di vino avrebbe potuto anche lasciarlo per questa mattina, o no?). Subito dopo da buona parrocchiana al ciabattino che si sta allontanando dal podere per tornare in parrocchia a mani vuote, rivolge ad alta voce e con tono conciliante la seguente preghiera: “Mastru Ntò, sintìti a ‘mmìa: iàti ‘nta sacristìa e purtàtimmi ampullìna ch’a va lìnchiu. Buttìgghji 'un c’ìndi dùgnu cchiù” (Maestro Antonio, ascoltatemi: andate in sagrestia e portatemi l’ampolla che ve la riempirò. Bottiglie - evidente il riferimento al sacerdote - non gliene darò più).   

6 - Quando il monaco ne sa più del…diavolo.
Nella facoltà di giurisprudenza di un ateneo non molto distante da Lamezia insegnava (si parla di diversi lustri addietro) diritto privato un professore universitario preparato, esigente e particolarmente severo con gli studenti che si presentavano agli esami senza aver mai assistito alle lezioni da lui tenute. Tra questi ultimi un padre cappuccino di origine toscana impossibilitato a frequentare l’ateneo per gli impegni legati al proprio ministero. Tuttavia in convento il tempo libero lo dedicava allo studio tant’è che aveva acquisito una preparazione in giurisprudenza, e non solo, tale da aver poco o nulla da invidiare a tanti professionisti del ramo e forse anche allo stesso docente. Sedutosi per sostenere gli esami di diritto davanti al titolare della cattedra, il padre cappuccino è sottoposto a un’incalzante serie di domande, una più difficile dell’altra, con l’evidente scopo di scoprirne eventuali lacune. Ma il laureando aveva a ognuna di esse la risposta giusta, di tanto in tanto inframmezzata da piccole pause. Tale comportamento è interpretato male dal docente, che in tali occasioni interviene e domanda con un malcelato sadismo: “Ma lei suda, ha difficoltà nell’esposizione, probabilmente non è convinto di quello che dice…”. Osservazione fatta più volte durante l’esame al quale hanno assistito diversi universitari interessati ai temi trattati. A un certo punto, infastidito dall’atteggiamento del professore ritenuto persecutorio e disumano, il padre cappuccino si alza e, poggiate le mani sulla cattedra, afferma con forza: “Mio caro professore, io sudo perché ho tanto caldo; siamo nel mese di luglio e tra l’altro porto quest’abito”. E dopo aver asciugato la fronte con un fazzoletto e preso fiato, aggiunge: “Le assicuro che se fossi stato io al suo posto, l’avrei fatta sudare e come! Anche d’inverno”.

7 - Un antifurto … garantito.
In una città del nord dove da anni era emigrato, il tecnico sessantenne Gennaro  P. è rimasto vittima di un grave infortunio sul lavoro. Ricoverato in ospedale è stato subito sottoposto a un delicato intervento chirurgico. Le sue condizioni però sono andate peggiorando e qualche ora più tardi ha cessato di vivere. Dopo le formalità di rito, familiari dello sfortunato operaio hanno affidato incarico a un’agenzia di pompe funebri del posto per portare la salma nel paese natio, un grosso centro del catanzarese. Giunto in periferia della città calabrese, l’autista accosta la vettura davanti all’ingresso di una piccola abitazione per chiedere alla padrona di casa, una vecchietta seduta su una sporgenza del muro esterno e intenta a lavorare a maglia, la via da seguire per raggiungere la destinazione indicatale. La donna non conosce né il recapito né la strada da seguire e suggerisce all’uomo di recarsi nel bar poco distante, dietro l’angolo dell’isolato di fronte, dove qualcuno probabilmente sarebbe stato in grado di fornirgli indicazioni giuste. L’autista, considerata la corta distanza, decide di raggiungere a piedi il bar e prima di avviarsi chiede alla vecchietta di guardare il carro funebre per tema che qualche ladro possa soffiarglielo. E quella, con tono tra il faceto e il rassicurante, afferma: “Ma chini vùa ‘ppìmmu su pìgghia? C’è pùru ‘u mùartu dintra…!” (Ma chi vuoi che te lo rubi? C’è tra l’altro il morto dentro.!). E da buona seguace del noto motto napoletano “non è vero, ma ci credo”, nel pronunciare la frase, strofina tra pollice e indice della mano destra una forbicina metallica. Prudenza scaramantica: non si sa mai!                                         

8 - Un gradino malizioso. 
Un giorno un impiegato delle ferrovie da qualche anno in pensione, nome di comodo Giacomo, si sente male. È chiamato un medico che, giunto poco dopo, non può che costatarne la morte. Il giorno dopo si procede ai funerali: il poveraccio è sistemato nella bara portata sulle spalle da dipendenti della ditta di pompe funebri incaricata. Nello scendere il gradino della porta d'ingresso, uno dei portantini inciampa e il feretro finisce per terra. Salta il coperchio e, strano a credersi, il morto risuscita. Evidentemente la morte diagnosticata era solo apparente, una sorta di catalessi. Tutti contenti, un po' meno la moglie del "defunto", i cui rapporti coniugali negli ultimi tempi erano stati tutt'altro che idilliaci. La signora, comunque, fa buon viso a cattivo gioco, riprendendo la vita di tutti i giorni e nel solito clima. Qualche anno più tardi Giacomo, colpito da collasso, muore per davvero. Bara sulle spalle dei portantini che escono dalla casa diretti in Chiesa per il rito funebre. In prossimità del portoncino, la padrona di casa apparentemente premurosa, si rivolge al giovane che sostiene il feretro sul davanti, a sinistra, raccomandandogli caldamente: "Giovane, attenzione al gradino!"

9 - Andare a piedi col…vocabolario.
In bacheca sono stati affissi i risultati degli esami di licenza di Scuola Media Superiore. Alcuni genitori, dopo aver letto i quadri, s’intrattengono all'esterno dell'Istituto parlando del più e del meno. Al gruppo di amici si avvicina un comune conoscente che, dopo aver rivolto un cordiale saluto, fa loro la domanda di circostanza sui risultati degli esami dei rispettivi congiunti. Uno del gruppo, di professione avvocato, risponde: "Mai avuto dubbi sulla promozione di mio figlio, che ha sempre studiato con il massimo impegno e rimediato voti eccellenti. Solo che, a fronte di una media alta conseguita, c'è la promessa da mantenere dell'acquisto di un motorino. E la cosa, ovviamente, comporterà per me non poche e serie preoccupazioni".  Rivolto ad altro componente del gruppo, un maestro delle Elementari, il nuovo arrivato ripropone il quesito al quale l'insegnante risponde con moderata soddisfazione: "Mio figlio non è uno che con gli studi va molto d'accordo. Tuttavia questa volta s'è impegnato e la licenza di Scuola Media l'ha rimediata, sia pure con il minimo dei voti, cioè la sufficienza. Lui non sa ancora andare in bicicletta e purtroppo dovrò comprargliela come promesso. Temo che si possa far male". La stessa domanda è diretta a un appuntato dei Carabinieri (dovute scuse all'Arma se suoi militari, semplici o graduati, sono messi al centro di aneddoti poco edificanti e quasi sempre inventati e loro attribuiti)."Me fhìgghiu - ammette con una punta di amarezza il militare, originario di un paesino di montagna - è nu vagabùndu, 'unn'ha studiàtu e l'hanu bocciatu ch'a 'un sa accucchjàri dùa paroli in italianu (mio figlio è un vagabondo, non ha studiato e lo hanno bocciato perché non sa accoppiare due parole in italiano) ". L'interlocutore suggerisce in tono scherzoso: "Appuntà, accattàtici 'nu vocabolariu (Appuntato, comprategli un vocabolario ". Il militare con tono di voce da cui traspaiono amarezza e rabbia per il negativo risultato di suo figlio agli esami, puntualizza: "Ma quali vocabolàriu. A ppèdi hàddi caminàri, a ppèdi...” (ma quale vocabolario! A piedi dovrà camminare, a piedi); e sottolinea le parole con un significativo gesto della mano destra le cui dita, indice e medio, si muovono alternativamente in avanti e indietro e con la punta rivolta in giù.

10 - Un provvidenziale intervento.
Uno studente di 3^ media, per comodità di nome Giorgino, ritorna a casa con la pagella del primo quadrimestre. I voti sono scadenti e logicamente per niente apprezzabili da parte del padre, un tipo severo e che fa spesso ricorso alle maniere dure per punire assenze e scarso profitto in classe, oltre a manchevolezze gravi e di vario tipo, da parte del ragazzo. Questi non osa entrare in casa per timore della dura reazione del genitore dopo aver esaminato il documento scolastico che dovrà necessariamente firmare per presa visione. Giorgino, visibilmente e comprensibilmente immusonito, indugia nei pressi della porta di casa, dove incontra poco dopo un'amica di famiglia, alla quale spiega singhiozzando le ragioni del proprio comportamento. La signora cerca di spronarlo a un maggiore impegno nello studio al fine di rimediare nei successivi quadrimestri voti ben più gratificanti e lo sollecita a entrare in casa e ad affrontare quella che ritiene una semplice "sfuriata" del papà esauribile in un batter d'occhio. E Giorgino d'istinto replica: "Ma quale sfuriata! Mio padre farà come altre volte: si toglierà la cintura e mi picchierà con essa". "Possibile che arrivi a tanto?" chiede non senza stupore la donna, che subito dopo aggiunge: "E tua madre non interviene, cosa fa?". Il ragazzo, col capo abbassato e la mano destra a strofinarsi gli occhi, risponde balbettando: "Sì, gli tiene i pantaloni…".

11 - Un mestiere … bestiale.
Un giovane geometra, coniugato e padre di due figli, ha perso il lavoro per le difficoltà incontrate dal suo datore. Per quanto abbia cercato occupazione presso altre ditte edili in tutto il circondario, ha sempre trovato porta chiusa. Disperato, non sa più a quale santo rivolgersi per soddisfare il fabbisogno della propria famiglia. Un bel giorno pianta le tende in città un rinomato circo equestre il cui programma prevede una permanenza sul posto di due settimane con altrettanti spettacoli giornalieri. "Chissà se almeno trovassi del lavoro lì?" si domanda mentalmente. E fattosi coraggio, si presenta dal direttore al quale espone i suoi problemi e le sue necessità, supplicandolo di dargli una mano e dichiarandosi disposto a fare qualsiasi tipo di lavoro, almeno per il periodo di sosta della carovana circense. Quello, sensibile e di animo buono, prende a cuore la richiesta del giovane e gli assicura che potrebbe occuparlo, durante le due settimane di permanenza del circo in città, nel solo ruolo disponibile, essendo gli altri sufficientemente coperti. Apre le braccia in segno di “prendere o lasciare” e gli prospetta il tipo di lavoro che dovrebbe fare.  "Come lei ben sa - afferma - la posizione intransigente degli animalisti non consente a noi operatori del settore di utilizzare durante lo spettacolo bestie feroci, senza le quali però ne sarebbe fortemente penalizzato e non più gradito al pubblico, soprattutto ai bambini. Stiamo sopperendo facendo indossare a nostri dipendenti costumi e maschere di leoni e di tigri. Se lei è disposto a far questo, domani comincerà a lavorare". Il geometra in cuor suo se ne rallegra, anche perché con quegli indumenti non sarà riconosciuto da concittadini e quindi non avrà da vergognarsene. Accetta di buon grado l'offerta. Il direttore del circo, dopo avergli fatto indossare il costume di un crinito leone, poco prima dell’entrata nell’arena, lo istruisce sul come dovrà muoversi nella gabbia, raccomandandogli caldamente di non guardare nel fosso sottostante per tema di cadervi dentro quando percorrerà la stretta passerella prevista dal copione. Fattosi coraggio, il “re della foresta” si presenta al pubblico, muovendo zampe e capo secondo i suggerimenti avuti. Durante l’esibizione, trovandosi su quell'asse di legno, volente o nolente, gli occhi puntano il fondo della buca e notando nel suo interno la presenza di un gruppo di minacciose bestie feroci, trema per la paura, perde l'equilibrio e finisce nella fossa, urlando a perdifiato: "Aiuto, aiuto... ". Una delle bestie si alza e “ruggisce”: "Non aver paura, amico: qui dentro siamo tutti geometri...!"

12 - Una diagnosi particolare.
Un operaio, che nei giorni di particolari ricorrenze religiose e civili si mette sempre a disposizione del comitato per i festeggiamenti, una mattina si presenta dal medico di famiglia. Egli lamenta dei dolori al ventre che lo tormentano da una settimana circa. Il dottore, fatta un'accurata visita, non trova alcuna causa e consiglia al paziente di sottoporsi a una radiografia e di far vedere la lastra a uno specialista. L'operaio segue il consiglio del medico e dopo qualche giorno si reca da uno specialista con la radiografia della parte del corpo che gli continua a dare problemi. Il professionista, dopo aver letto il referto del radiologo rilevando il risultato negativo, invita l'operaio a spogliarsi. Nota qualcosa di strano, qualcosa senza alcun riscontro nella sua lunga esperienza di medico. Alza gli occhi sul paziente e osserva: "Cosa davvero particolarissima: avete un ombelico più basso del normale. Scusate: che mestiere fate?". Il paziente, un tantino preoccupato, risponde quasi balbettando: "...il portabandiera".


13 - Un test … difficilissimo.
Nella Stazione di un piccolo centro abitato un anziano carabiniere prossimo a lasciare il servizio per ragioni di età, si rivolge al brigadiere, suo diretto superiore col quale ha trascorso diversi anni a stretto contatto nell'Arma, pregandolo di raccomandarlo al comandante della Compagnia, da cui dipende la Stazione, per ottenere la promozione di "Appuntato" più che altro per rimediare mensilmente una pensione più corposa. Il brigadiere, considerato il servizio di tanti anni svolto assieme e l'apprezzato lavoro del sottoposto, promette di interessarsi al più presto della questione. Nell'incontro col capitano il sottufficiale prende atto della disponibilità del superiore a esaminare il caso che prevede un colloquio-test per il promuovendo; colloquio fissato per il giorno successivo. Il brigadiere riferisce al carabiniere i promettenti contenuti della "missione" presso la Compagnia e gli raccomanda di stare tranquillo, di dare risposte brevi alle domande dell'ufficiale assicurandolo che tutto sarebbe andato per il meglio. Il mattino seguente il militare, dopo il colloquio-test, esce dall'ufficio del capitano scuro in volto e tanto di muso. Il brigadiere gliene chiede le ragioni. "Mi ha fatto domande difficili", dichiara sconfortato il carabiniere. E l'altro: "Cosa ti ha chiesto?". "Fammi un rombo", è stata la risposta dell’aiutante. Aggiunge il brigadiere: " E tu cosa hai risposto?" "Bruum... bruum... " rumoreggia con le labbra semichiuse il carabiniere, imitando il rombo di un motore. "Cretino che non sei altro. Il capitano ti ha chiesto un rombo e tu gliene hai fatto due!" sbotta il brigadiere che aggiunge: "E dire che non ti avevo raccomandato altro!".

14 - Carburante a prezzo costante.
Due carabinieri in pensione, un appuntato e un militare semplice, sono seduti su una panca nella piazzetta del paese e discutono del più e del meno. Si discuteva in particolare del costo della vita lievitato in modo quasi generalizzato nei vari settori del consumismo. L’ultimo rialzo concerne quello dei carburanti che l’ex graduato, rivolgendosi all’amico, fa osservare con una punta d’ironia e di disappunto.
 “Collega Gigliotti - gli domanda - hai comprato il giornale questa mattina?”
E l’altro: “No, ’un avìa spìcci. L’accàttu dumàni” (non avevo monete in tasca, lo comprerò domattina). E aggiunge: “Ppicchì, c’è ancùna cosa chi n’interessa a nùa militari in pinsiòni?” (Perché, c’è forse qualcosa che interessi noi militari in pensione?). Chiarisce l’appuntato: “Stamattina, andato al bar per il solito caffè, ho letto sulla prima pagina di un quotidiano che da oggi i distributori aumentano il prezzo dei carburanti”.
Gigliotti, convinto di avere trovato il modo di stare al riparo da rincari nel settore, muovendo il dorso della mano destra sotto il mento verso l’esterno, ammette tra il rassegnato e il soddisfatto: “Mu fhànu chìllu chi vònu: st’aumentu a mmìa ’un mi fha né càvudu né friddu, 'un mmi tocca” (Che facciano quello che vogliono; questo aumento a me non fa né caldo e né freddo, non riguarda me).
E chiarisce: “Iju, di quandu sùgnu in pensioni, mi sìarvu sempri allu stessu postu. Ormai ’u patruni mi canusci e mi tratta da amicu: di mìa si pìgghjia sempri quindici euru (Da quando sono andato in pensione, per il carburante mi servo sempre allo stesso posto. Ormai il titolare mi conosce e mi tratta da vero amico: da me ogni volta si prende quindici euro).

15 - Desideri…malcelati.
Ai tempi della seconda guerra mondiale un gruppetto di militari tedeschi, dopo lo sbarco in Sicilia degli Alleati, risaliva la Penisola attraverso campi e zone impervie per sottrarsi alla vista dei loro nemici. Finite le poche scorte alimentari, vagavano per la campagna in cerca di casolari o capanne per rimediare qualcosa da mettere sotto i denti. Entrati in una cascina, trovarono una contadina avanti con gli anni e una giovane del vicino villaggio recatasi lì per acquisti di ortaggi e uova fresche. I militari con la minaccia delle armi, ordinarono che fosse dato loro da mangiare. "Noi avere fame - dissero in un italiano rabberciato - e voi kaputt se non dare niente!". L'anziana donna, con l'aiuto della cliente, approntò un tavolo alla meglio utilizzando una cassapanca e per sedie un asse di legno poggiato su due barilotti. Tolse dal focolare la pentola con verdure e fagioli già pronti per il suo pranzo, prese del salame, del formaggio, un filone di pane casereccio, un fiasco di buon vino e mise il tutto sull’apparato per il pranzo. I "graditi ospiti" (vedremo perché) fecero piazza pulita di quel ben di Dio. Svuotarono il fiasco di vino e ne chiesero un altro. Si ubriacarono e in quel clima di euforia uno di essi, il più brillo e intraprendente, afferrò la contadina per usarle violenza. La giovane, che probabilmente non aveva compreso le vere intenzioni del soldato, temendo per le sorti di quella... buona donna e mostrando spirito di sacrificio, intervenne gridando: "Per carità, lasciate stare quella poveretta. Prendete solo me". Le occasioni favorevoli non capitano tutti i giorni e la contadina, decisa a cogliere quella capitatale in quel tardo mattino, replicò alla giovane con tono di rimprovero: "Fatti i ca... tuoi. Quando è guerra, è guerra per tutti!".              

16 - La zitellona e la scaletta.
Una zitellona telefona ai Vigili del Fuoco supplicandoli: "‘Ppi piacìri, vinìti prìastu ch'à 'nu ghuagghiùni vò trasìri ccù 'na scalìlla da fhinestra du primu piànu chi duna 'ntò giardìnu".
(Per favore, venite subito poiché un giovanotto con una piccola scala cerca di introdursi in casa dalla finestra al primo piano che dà sul giardino). Dall'altra parte del filo si precisa: " Scusate. Perché chiedete un nostro intervento per un problema che non ci riguarda? Mica in casa vostra è scoppiato un incendio o qualcosa di simile! Ritengo che la telefona vada fatta ai Carabinieri perché intervengano subito e blocchino il malintenzionato”. E la zitellona: "No, vinìti vùa ch'avìti 'a scala cchiù longa". (No, venite voi perché avete una scala più lunga). 
E a proposito di battute “osé”, sono da ricordare quelle pronunciate in casa di un muratore dalla giovane moglie Angelina e dal figlio Carletto di sette anni. La donna, dopo aver indossato una elegante giacca in pelle ultima moda e preparato il figlio per accompagnarlo a scuola, prende borsetta, cartella e chiavi di casa e si accinge a uscire. Carletto, stupito e compiaciuto per come le sta bene quel capo di abbigliamento, la trattiene con la manina e le chiede: “Com’è bello. Chi te l’ha regalato, papà?”   
Angelina, che di scuole ne aveva frequentate pochine, puntualizza: “Si fhùssi ’ppi pàtrita ’un c’eri mancu tu!” (Se fosse dipeso da tuo padre, a quest’ora non ci saresti 

17 - Cogliere le …buone occasioni.
La curiosa, e per certi versi un tantino "osé", scenetta ha luogo su un tram cittadino particolarmente affollato: posti a sedere tutti occupati e tante persone in piedi nel corridoio con una o anche tutte e due le mani agganciate ai tubolari di sostegno lungo il soffitto del mezzo. Una donna, salita per ultima e sistematasi alla meglio tra i viaggiatori in piedi, a un certo punto si gira e a uno dei due giovani che stanno alle sue spalle, chiede con tono quasi di rimprovero e sottovoce:
"Che cosa stai facendo?"
E quello, che non ha fatto nulla di male, non senza imbarazzo giustifica un ipotetico contatto con la donna, dovuto verosimilmente a una brusca frenata del tram, dicendole: "Signora, forse l'avrò urtata senza volerlo; non per colpa mia bensì del manovratore. Me ne scuso e giuro di non aver fatto niente". Evidentemente a ben altra cosa interessata, la donna sottovoce gli sussurra:
"Proprio perché non stai facendo nulla, ti chiedo di spostarti e cedere il posto al giovane che ti sta accanto". 

18 - Moglie gelosa e telefonata sospetta.
Marcello, giovane imprenditore agricolo proprietario di una importante azienda con la passione per i cavalli (ne possiede una dozzina) e per il gentil sesso, è sposato da un paio d’anni con Marisa, donna gelosa e difficile da gestire, appunto per i continui sospetti e litigi che caratterizzano i rapporti familiari. In azienda non mancano visitatori, alcuni interessati all’acquisto di animali da macello e da allevamento. Marcello tratta ospiti e clienti con affabilità e gentilezza, entrando nelle simpatie di tutti, specialmente con una signora, Matilde, spesso in visita nelle stalle del giovane con la scusa di veder crescere un puledro al cui acquisto lei mostra di essere parecchio interessata. I rapporti tra i due diventano di giorno in giorno più cordiali, addirittura intimi, per cui spesso Marcello si allontana dall’azienda per stare con la sua…bella.
Alla moglie, sospettosa e preoccupata per le continue assenze, si giustifica adducendo di volta in volta di recarsi in una fattoria alquanto distante per portare a compimento difficili trattative per l’acquisto di una cavallina destinata a futura fattrice, essendo sua intenzione di sviluppare l’allevamento equino. I terreni per il pascolo non mancano e poi il settore, a differenza degli altri in azienda, è quello che rende meglio. A Marisa frullano nella testa sospetti e idee di vendetta, ma non ha prove, sia pure larvate, dell’infedeltà del marito. Agli squilli del telefono corre a rispondere lei e quando dall’altra parte del filo c’è una voce femminile che chiede di Marcello, passa la cornetta al coniuge dicendogli con malcelata causticità: “ Ti vuole la cavallina!”

19 - Un militare …minorenne.  
All'epoca del servizio militare obbligatorio Carmelo, un giovane originario di un paesino della pre-Sila, alle spalle una limitata cultura per aver frequentato solo le prime tre classi delle Elementari, riceve una mattina la cartolina precetto e, suo malgrado, è costretto a lasciare i campi dove dava una mano ai propri genitori tutti i giorni, salvo le domeniche e particolari ricorrenze festive. Fu convocato in Distretto per la prevista visita e assegnato in un distaccamento militare campano. Per la sua prestanza fisica in occasione delle parate, sia all’interno della caserma e sia fuori, occupa un posto di prima fila e spesso con il compito di portare il vessillo del corpo di appartenenza. Carmelo di tutto questo ne va ovviamente orgoglioso. Alla vigilia della visita di un alto ufficiale in caserma, il sergente preposto alla messa a punto della cerimonia, fa le raccomandazioni di rito alle giovani leve. "Ragazzi - dice con tono autoritariodomani vorrò vedervi tutti in perfetta forma: viso ben rasato, scarponi lucidi, divisa stirata, fucile ben tenuto e comportamento degno di un'importantissima manifestazione". Subito dopo ricorda di conoscere bene l'atteso generale per precedenti visite ispettive e di routine in caserma e suggerisce ai militari di dare risposte brevi e precise alle solite domande formulate dall'alto ufficiale e cioè: "Quanti anni hai", "da quanti anni sei in servizio", "ti piace di più la vita militare o la civile". Carmelo, ritenendosi tra i probabili intervistati durante la cerimonia e temendo di impappinarsi nel dare le risposte, trova una soluzione ritenuta brillante: imparare a memoria le parole da pronunciare. E così, durante la notte, non fa altro che ripetere sottovoce "Ventidue, due, pressappoco tutte e due"; "Ventidue, due, pressappoco tutte e due”. Al mattino tutti i militari, semplici e graduati, sono schierati nel cortile per rendere omaggio all'alto ufficiale. Questi, dopo le formalità di rito, si avvicina a Carmelo e, invertendo casualmente l'ordine delle domande, gli chiede:
D.- "Giovanotto, da quanti anni sei in servizio?". R - "Ventidue".
D.- "Possibile? Ma scusa, quanti anni hai?". R - "Due".
D.- "Se le cose stanno così: o sono scemo io, o sei scemo tu?". R - "Pressappoco tutti e due, signor generale".                            

20 - Un garage troppo piccolo.
Un militare dell’Arma, di servizio in un piccolo centro montano, è stato incaricato dal suo diretto superiore di ritirare presso la Compagnia l’autovettura nuova a suo tempo richiesta. Soddisfatto per l’incarico ricevuto, prende la corriera e raggiunge il capoluogo. Entra nel deposito assieme al sottufficiale addetto al parco macchine. Osserva con occhi spalancati le tante vetture, soffermandosi su ciascuna, tutte splendide nei colori rosso e nero e con tanto di scritta “Carabinieri”, allineate all’interno del deposito. Poco dopo torna con i piedi per terra, nel senso del motivo della sua presenza, a seguito delle parole rivoltegli dal superiore mentre lo accompagna verso una fiammante utilitaria:
“Finalmente voi della Stazione montana siete stati accontentati. Il Comando vi ha assegnato questa nuova e potente Fiat Panda, con la quale potrete percorrere anche strade impervie e sterrate”. E subito dopo porge al commilitone chiavi e documenti della vettura. Il carabiniere, che nel frattempo sta girando attorno al veicolo per osservarne e ammirarne colori e dettagli, a un certo punto sobbalza per la sorpresa. Ha notato sul retro della carrozzeria la scritta “4x4”. Fa un movimento all’indietro col corpo e rivolge lo sguardo pregno di perplessità e stupore. Il responsabile del parco macchine gliene chiede il motivo. Il collega, sorpreso e sbalordito, rifiuta di ritirare la macchina perché convinto che quella non è la vettura attesa e, muovendo la testa ora a destra ora a sinistra, afferma: “Sicuramente non è nostra. Nella domanda erano state indicate anche le dimensioni del nostro garage, tre metri per tre, e questa non vi entrerebbe”.

21 - Un indennizzo…d’obbligo.
Un operaio, senza arte e ne parte e pure un tantino toccato di testa, cammina senza una meta precisa in una strada di periferia. Un po’ per colpa sua e un po’ per imperizia del conducente, è investito da una vettura. Per l’urto cade per terra senza però farsi alcun male. Alzatosi in fretta, si pone davanti all’auto per impedire che riprenda la marcia e chiede al proprietario di indennizzarlo per l’incidente. Ovviamente l’investitore rifiuta anche il pur minimo risarcimento in considerazione che la “vittima” non ha subito alcun danno fisico. Ne nasce un’animata discussione con l’operaio che, poggiate le mani sul cofano della vettura, neutralizza i vari tentativi, invero prudenti, del conducente di far muovere in avanti il mezzo. A un certo punto l’insistenza del pedone nel pretendere delle somme, fa saltare i nervi all’altro il quale, persa la pazienza, dà un colpo di acceleratore più sostenuto e scaraventa l’uomo a qualche metro di distanza procurandogli delle contusioni in varie parti del corpo. Il malcapitato, mentre è soccorso da alcuni passanti ed è caricato su un mezzo di fortuna per raggiungere l’ospedale, gira lo sguardo verso l’investitore e con malcelata soddisfazione afferma:
“Ti l’avìa dittu ch’a m’avìvi ‘i pagàri!” (Te lo avevo detto che mi avresti dovuto pagare!)
                                                   
22 - Conducente sbadata e premurosa.
Una diciottenne da poco patentata una mattina prende l'utilitaria di papà e va a farsi un giretto su una strada poco frequentata per esercitarsi nella guida. In una curva in prossimità di un paesino poco distante dal suo, inavvertitamente preme un tantino sul pedale dell'acceleratore anziché su quello del freno. La vettura sbanda leggermente finendo sul margine della corsia di sorpasso. Un pedone, che procede in senso inverso diretto in una casa colonica della zona, è urtato dalla vettura e finisce per terra. Se la cava, per sua fortuna, con qualche leggera contusione e un po' di polvere sul vestito. La ragazza, preoccupatissima e con le mani nei capelli, ferma la macchina e corre in aiuto del malcapitato, temendo di peggio. Costatata la lievità delle ferite causate al poveretto e profferite a getto continuo le proprie scuse, cerca di stemperare il clima d’imbarazzo, più suo che del malcapitato invero abbastanza calmo e bonario, proponendogli con premurosa disponibilità di accompagnarlo per le medicature del caso nel vicino paese dove ricorda di aver notato la targhetta di un medico sulla porta d'ingresso di un'abitazione. E l'uomo, valutate di scarsissima entità i danni fisici riportati nell'incidente e soprattutto avendo fretta di raggiungere la casa colonica, dice alla ragazza con tono sbrigativo e ironico allo stesso tempo: "Signorina, che quel medico sono io!"

23 - Cane intelligente e goloso.
“Il mio Max è un cane di un’intelligenza straordinaria”, così lo definisce la signora Carmela, donna anziana e benestante, ai coniugi Andrea e Giacomina Perinetti, venuti di buon mattino a farle visita. Tra le due donne esistono degli ottimi e consolidati rapporti di stima e amicizia, risalenti ai tempi del Liceo che hanno frequentato assieme. Sposatasi, la signora Giacomina si è trasferita in altra città e in occasione della festa patronale del paese è tornata per incontrare parenti e amici. Alla domanda “Che cosa fa di eccezionale quella bestiola per distinguersi dai consimili in fatto d’intelligenza” rivoltale dalla stupita quanto incuriosita ospite, la padrona di casa, tra le tante peculiarità del suo Max, cita l’episodio più ricorrente e nel quale il cane fornisce prova delle sue sorprendenti qualità. “Tutte le mattine, sul tardi – racconta la signora Carmela - metto in bocca a Max una moneta da 2 euro e gli apro la porta; lui si reca presso l’edicola, sita nella piazza centrale del paese, e ritorna dopo alcuni minuti col solito quotidiano e il resto”.  “Possibile?”, ribatte la signora Giacomina storcendo un po’ il muso e puntando lo sguardo verso il marito per accertarne condivisione o diverso parere a proposito della sua buona dose d’incredulità. La padrona di casa punta gli occhi prima sul signor Andrea, invero imperturbabile e meno espressivo, e poi su quelli dell’amica, cogliendone i dubbi affiorati anche sulle labbra. Considerati i legami confidenziali con l’ex compagna di scuola, le suggerisce: “Ne vuoi la prova? Questa è più o meno l’ora in cui Max tutte le mattine esce per il giornale, per cui mettigli in bocca del denaro e avrai conferma di come agirà”. La signora Giacomina, più per stare al curioso gioco che mettere in dubbio la parola dell’amica, si avvicina al cane e segue il consiglio di Carmela che subito dopo, sorridendo e sicura di sé, apre l’uscio a Max. Il tempo passa oltre il previsto (una cinquina di minuti) e la signora Perinetti dà spesso un’occhiata al proprio orologio, pregustando il fallimento dell’esperimento. La padrona di casa, per nulla preoccupata del ritardo, chiede all’amica: “Scusami, quanti soldini hai dato a Max?”. E Giacomina spiega: “Non avendo spiccioli, ho messo in bocca al cane un biglietto da 5 euro ben sapendo, tua giusta assicurazione, che avrebbe portato indietro il resto…”. E l’altra in tutta tranquillità spiega le ragioni per le quali la bestiola non è ancora rientrata: “Max farà un pochino tardi perché, come altre volte, sarà passato dal gelataio prima di andare in edicola”.

24 - Questione di discendenza.
Un ragazzo, Francesco, ha rotto il salvadanaio che da qualche tempo utilizzava per depositarvi le paghette settimanali e, deciso a regalarsi con quei soldi, integrati da un “ extra” dei genitori per le festività natalizie, un cucciolo di cane. Si presenta in un canile, alla periferia del paese, di proprietà di un contadino. Questi, spocchioso e vanaglorioso, è un fiume in piena nel riferire al giovane cliente consigli e conoscenze (alcune verosimili, altre inventate) sull’amico dell’uomo. Francesco ascolta a bocca aperta e “beve” tutto quello che sgorga dalle labbra dell’uomo. Tra le tante bestiole rinchiuse nei recinti, il ragazzo ne sceglie una e concorda il prezzo. Mentre si avvia verso l’uscita con il cagnolino in braccio, nota che uno dei cani guardiani del contadino fa la pipì nei pressi di un muretto con la zampa destra alzata. Incuriosito, Francesco chiede il perché di quel comportamento dell’animale. E cosa risponde il saccente proprietario del canile?
“Tutti i cani sollevano la zampa per tradizione e prudenza. Si dice infatti che un loro antenato rimase schiacciato sotto il crollo di un muretto”!


25 - Non sempre 6 diviso 2 fa 3.
In una classe elementare il maestro, dopo aver spiegato le quattro operazioni, interroga alcuni scolari per accertare se hanno capito. Rivolto a Serafino gli sottopone il seguente problemino:
"Se ti dessi 6 caramelle da dividere con tuo fratellino, quanto ne toccherebbero a ciascuno di voi due?"
E Serafino, un ragazzino alquanto sveglio e furbacchione, risponde prontamente:
"4 a me e 2 a mio fratello Andrea". L'insegnante, conoscendone la bravura, chiede alquanto perplesso:
"Come? Allora la divisione non la sai più!"
E lo scolaro, tra le risate dell’intera scolaresca, afferma: 
"Io sì, è mio fratello che non la sa".
Poco dopo è interrogato Francesco, uno scolaro alquanto spiritoso e nella circostanza deciso a imitare il collega che l'ha preceduto per compiacere i compagni.
All'ipotesi del maestro di mettergli nella mano destra 3 mele e nella sinistra 4 e di chiedergli cosa avrebbe in tutto, Francesco risponde baldanzosamente e senza pensarci su un solo istante: 
"Due mani grandi, signor maestro!".

26 - La voce dell’innocenza.
Due coniugi, Giovanni e Giuseppina, vanno a far visita a una coppia di amici in occasione della nascita del loro secondo figlio, cui è stato imposto il nome di Alessandro. Il primogenito Francesco, quattro anni da poco compiuti, è seduto accanto alla mamma che tiene in braccio il neonato. Il signor Giovanni accarezza il ragazzino e gli chiede: “Sei contento che in casa è arrivato un fratellino?”. E quello, storcendo il musino, risponde prontamente: “Sì, però avrei voluto una sorellina". L’amico di famiglia, un tipo estroverso, spiritoso e pronto alle battute, replica al piccolo con tono ovviamente scherzoso: “Chiedi a papà e a mamma di cambiarlo con una femminuccia”. Che cosa risponde Francesco nella sua ingenuità infantile? “Ormai è troppo tardi: l'abbiamo già da quattro giorni...!”                                                         

27 - Chi cerca trova (…altrove).
Stefania, una bambina di sei anni, vivace e giocherellona, indossato il grembiulino e con la cartella a tracolla una mattina esce da casa per andare a scuola in un edificio poco distante dalla propria abitazione. Prima di entrare in classe, dovrà passare dal negozio di generi alimentari, posto nell'attiguo fabbricato, per comprare il solito panino con nutella con la moneta da un euro che la mamma le dà quotidianamente. Quel giorno però le cose non scorrono lisce come le altre volte: nello scendere le scale, saltellando e correndo come sempre, le sfugge dalle manine il denaro per la colazione. Non ha il coraggio di risalire in casa e richiederne dell’altro per timore di un prevedibile rimprovero materno; è ferma nei pressi del portone del fabbricato mentre delle lacrimucce le rigano il visino, e di tanto in tanto volge lo sguardo intorno nella speranza di rintracciare la monetina. Sopraggiunge poco dopo una parente diretta in casa sua. La donna, nel vedere la bambina in tale stato, se ne preoccupa giustamente: teme che possa essersi fatta male cadendo o che le sia accaduta qualcosa che ne giustifichi il pianto. Appreso il motivo, cioè l’aver smarrito il denaro del panino, la tranquillizza e nello stesso tempo si mette anche lei a cercare la monetina smarrita, ma senza esito. A un certo punto, tira fuori dal proprio portamonete un euro e lo porge a Stefania la quale, spalancando gli occhi per la gioia, esclama: "Grazie zia, meno male che l'hai trovata tu?".

28 - La prova del perché.
E’ sorprendente quanto spropositata la quantità di barzellette, alcune simpatiche e altre banali, attribuita a militari dell’Arma. Alcuni pseudo-umoristi trovano di maggiore efficacia indicare esponenti della Benemerita come protagonisti di aneddoti, freddure e quant’altro ben sapendo che tali “agganci” sono frutto della loro “perversa” fantasia. La seguente scenetta, ai limiti della demenza e banalità, ovviamente inventata di sana pianta, ne è una riprova. Alla stazione CC di un centro montano del Cosentino, comandata da un anziano vice brigadiere, è assegnato un giovane appuntato. Questi chiacchierando un giorno col superiore lamentava, appunto, la mole di deplorevoli e umilianti barzellette fatta ricadere sulla categoria e che gli creavano un certo fastidio. Non sapendo spiegarsene le ragioni, chiese delucidazioni al comandante. Questi, che ne aveva sentite di cotte e di crude, alcune anche con fondamenta di verità, gli rispose: “Vuoi delle prove? Eccotene una”.
In previsione della stampa dei famosi calendari, il sottufficiale ricorda: “Sulla circolare del Comando Generale dell’Arma trovata sulla scrivania, ho scritto per me dieci copie e l’ho lasciata perché il sottoposto incaricato provvedesse alla prenotazione”. E, accennando un sorrisetto ironico, aggiunge: “Che cosa ho trovato l’indomani sulla mia scrivania? Dieci copie della lettera!”

29 - Affare mancato per troppi km.
Ho avuto con me in servizio tanti anni addietro – prosegue con altri esempi il sottufficiale - un carabiniere, tale Gigliotti, interessato all’acquisto di un’utilitaria di seconda mano da utilizzare a breve essendo in procinto di andare in pensione e utilizzarla per raggiungere il piccolo appezzamento di terreno avuto in eredità dal padre a pochi chilometri di distanza dalla propria abitazione. Il militare in questione conosceva un amico carrozziere, al quale aveva confidato in più di un’occasione la necessità di dotarsi di un piccolo veicolo usato e in buona condizione, pregandolo di tenerlo informato qualora si presentasse l’occasione. Una mattina l’artigiano telefona all’amico carabiniere e lo informa che un suo cliente intenderebbe acquistare una nuova vettura e privarsi di una “127” Fiat tenuta bene, funzionante ma vecchiotta in quanto a immatricolazione (una dozzina di anni prima). Il militare va a vedere la macchina ma l’acquisto, pur rientrando nei limiti di spesa preventivati, non va in porto – prosegue nel racconto il vice brigadiere - perché il tachimetro segna un chilometraggio piuttosto alto: 124 mila. Percorsi. A distanza di qualche settimana il mio sottoposto, appreso dal carrozziere che l’utilitaria in questione è passata di mano ad altro acquirente e a buon prezzo dopo che un amico meccanico aveva manomesso il tachimetro, riducendo notevolmente quel numero. Il mancato acquirente, cioè il carabiniere in pensione, se la prese a male nei confronti del carrozziere per non averlo informato della…rettifica.
 “Con un minor numero di chilometri – disse Gigliotti al carrozziere – la vettura dovevi venderla a me. E’ dire che te ne avevo parlato prima…!”.


30 -  Discorsi tra alienati.
In un ex ospedale psichiatrico del Meridione i medici in servizio presso uno dei reparti di quella struttura, nel fare una mattina il solito giro di visite nelle corsie e nelle stanzette riservate a degli infermi da tenere necessariamente separati da tutti gli altri per diverso grado d’infermità, incontrano in corridoio due ricoverati tranquilli ma con disturbi psichici e una lucidità mentale a volte minima e altre con punte preoccupanti. Il primario, un tipo affabile e scherzoso, chiede al primo: "Tu chi sei?" e il degente afferma prontamente: "Iju sùgnu 'u papa" (io sono il Papa), accompagnando le parole con la mano destra a indicare un cappello di carta, a forma di tiara, portato in testa. Ribatte il medico: "E chi te l'ha detto?". Il paziente, volti gli occhi in alto, alza l’indice destro verso il cielo. A questo punto apre bocca l'altro ricoverato per chiarire: "O mìadicu, 'nun ci cridìti ch'à iju a illu  'ull'haiju mai fhàttu papa!" (dottore, non credetegli perché io papa non l'ho mai nominato). * * *
Meglio di qua o di là? Rimanendo sull'argomento. Alcuni signori, trovandosi nei pressi del recinto di quell'ospedale, osservano incuriositi alcuni alienati e infermieri che passeggiano nel cortile. Uno dei pazienti si avvicina alla rete e, rivolto alle persone che stanno all'esterno, domanda:
"Cùmu vi tràttanu 'lluocu addìntra?" (Come vi trattano lì dentro?).


31 - Firma? Meglio abbondare.
All’ufficio anagrafe del Comune una mattina si presenta un giovane, Michele, da qualche giorno dimesso da una struttura sanitaria dove era stato ricoverato per una forma, sia pure leggera, di disturbo psichico. Richiede un certificato da allegare alla pratica per l’esenzione del ticket sui medicinali. Al Comune ha luogo una curiosa scenetta. L'impiegato annota su apposito modulo la richiesta del documento, previa trascrizione dei dati anagrafici del richiedente. Terminata la compilazione, gira il foglio verso l’interessato e lo invita ad apporre la propria firma su giusto rigo in calce. Michele da piccolo ha dato una mano ai genitori nella conduzione di un piccolo podere e a scuola ha frequentato le prime classi. Sa leggere e scrivere poco, ma dopo i problemi di salute accusati da qualche anno, gli si rende difficile prendere un libro o una penna, per cui si comporta come un analfabeta. Difatti, all’impiegato restituisce il modulo facendogli presente di non essere in grado di apporre la propria firma. E l’altro, preso atto della situazione, lo invita a fare un segno di croce. Michele, al quale il disturbo mentale evidentemente ha lasciato qualche traccia, con mano incerta disegna due croci nel punto indicatogli e poi restituisce il foglio all’addetto dell’ufficio. Questi, osservata l’insolita firma, invero più per curiosità che per rimprovero, domanda al giovane: "Ti ha chiesto di fare un solo segno di croce; come mai due?"
E Michele puntualizza: “Cognome e nome!"


32 - Paradiso e inferno?  L’uno vale l’altro.
Al capezzale di un vecchietto di campagna, tale Serafino, un uomo semplicione e con più di un dubbio in testa sull’esistenza di un “dopo”, è chiamato il curato don Raffaele per somministrare l’estrema unzione. Accostatosi al lettino del moribondo, come primo approccio il sacerdote gli chiede amorevolmente: “Dove pensate di andare, più precisamente dove vorreste trasferirvi dopo aver lasciato questo mondo, nell’inferno o nel paradiso?”. Serafino richiama le ultime forze, si stringe un tantino nelle spalle e, rivolti gli occhi socchiusi verso l’interlocutore, con un fil di voce lascia trapelare un mezzo di convincimento che un’altra vita e un’altra …destinazione stanno per attenderlo. Incertezza quasi assoluta, invece, gli frulla in testa: non sa decidersi quale scelta indicare come risposta al quesito posto dal sacerdote e riguardante il suo prossimo “trasloco” nell’al di là. Tanto perché non si è mai interessato né alcuno gli ha mai parlato dei “contenuti”, dei vantaggi e svantaggi sia dell’uno e sia dell’altro sito extra-terreno. E a Don Raffaele, che attende di conoscere la preferenza del moribondo riguardo alla destinazione extra-terrena - evidente il comprensibile disegno del prete di agganciarsi a essa per poi scegliere le parole giuste mirate a condurre l’infermo sulla retta via, cristianamente parlando - Serafino timidamente puntualizza: “S’u paradìsu e lu ’mpìarnu ci sùnu da’ parti ’illà, e cci vùagghju cridìri, allùra mi stànu beni tutti i dùa” (Se Paradiso e inferno esistono dall’altra parte, e voglio crederci, allora mi vanno bene entrambi). E, parafrasando inconsapevolmente una simpatica battuta dell’umorista statunitense Mark Twain, chiarisce: “Parìanti e paisàni sicuramenti ’ndi trùavu sia a ’nu pùastu e puru all’àutru; pirciò ’a cumpagnìa ’un mi manca” (Parenti e paesani certamente ne troverò sia in un posto e sia nell’altro; pertanto la compagnia non mi mancherà). Dopo una brevissima pausa, fa un ulteriore piccolo sforzo e una profonda inspirazione per prendere fiato, poi con tono di voce supplichevole chiede al curato: “Don Rafhè, cunsigghjiàtimmi vùa” (Don Raffaele, datemi voi un consiglio). A questo punto al sacerdote è spianata la via per il…recupero di un’anima, obiettivo della sua missione, e con gioia abbraccia Serafino sussurrandogli amorevolmente: “Fratello mio caro, l’inferno non fa per te; in Paradiso troverai i parenti e gli amici buoni”.

33 - Un consiglio adeguato ai tempi.
Una mattina di buon’ora, percorrendo un viale periferico del paese, una ridente località pre-montana, Gennaro (nome di fantasia), giovane operaio alle dipendenze di un’impresa edile, nota un foglietto perso da un vecchietto che lo precede nella stessa direzione di marcia, a un centinaio di metri di distanza. Lo raccoglie per riconsegnarlo al legittimo proprietario, il quale però a un bivio scompare alla vista del giovane. Questi apre il foglietto sperando di trovarvi qualche indizio o anche annotazioni importanti al fine di far pervenire in qualche modo il biglietto a chi l’ha smarrito. In esso è riportata a matita solamente una serie di numeri, cinque per l’esattezza, preceduti dalla sigla NA. Più per scrupolo che per ottimistiche previsioni di vincita, decide di giocarli al lotto sulla ruota di Napoli. Al gestore del botteghino Gennaro porge delle monete assieme al biglietto pregandolo di ripartire come meglio crede, non essendo egli esperto di scommesse e quant’altro. Presa la ricevuta con la giocata e la ripone nello sgualcito portafoglio. L’estrazione dei numeri del lotto è fissata per la sera successiva. Colpo di fortuna oppure la classica manna del cielo per chi di soldi non ne ha mai posseduti a sufficienza né visti tanti? Come fu o come non fu, Gennaro ha azzeccato la “cinquina” sulla ruota di Napoli e la vincita comporta qualcosa come una trentina di migliaia di euro. Felice come non mai, riferisce lo strano quanto fortunato ritrovamento del foglietto al padre, un anziano contadino dalle classiche “scarpe grosse e cervello fino”. E gli chiede un consiglio. “O pa’, sicundu’attìa - chiede - ch’haju ’i fhari ’ccu ’sti sordi: m’accàttu ’na màchina ’ppì jìri alla fhatiga, o mi trùavu ’na bella quatràra e mi spùsu?” (Padre, secondo te cosa devo farne di questi soldi: comprare una macchina per andare al lavoro, oppure trovare una bella ragazza e sposarmi?). E il contadino, uomo navigato e conscio delle tante brutture e indecenze dei tempi che corrono, gli suggerisce senza pensarci su un solo istante e storcendo un po’ il muso: “Jinnà, è miàgghju ’mu t’accàtti ’a machina, ch’ha si ta fhùttinu, armènu t’indi accùargi subitu. ’Ppi mugghjèrta…!” (Gennà, è meglio che ti compri una macchina perché, nel caso se la fottono, te ne accorgerai subito. Per tua moglie…!).

34 - Col tempo i rumori…svaniscono.
Due sposini, Antonio e Marcella, entrambi di modesta famiglia e cultura, hanno ricevuto in eredità da una zia di lei un discreto gruzzolo e han deciso di acquistare una casetta in periferia dove i costi sono più accessibili. Con il responsabile dell’agenzia immobiliare si recano a visitare un piccolo fabbricato rurale, del quale hanno trovato di loro interesse, soprattutto dal punto di vista economico, la foto esposta nella vetrina dell’ufficio. L’intermediario fa vedere i tre vani e accessori dell’immobile e ne descrive con enfasi le caratteristiche, invitando i clienti a cogliere l’occasione di un grande affare. Marcella nota che la zona è piuttosto rumorosa giacché il fabbricato si trova in un lotto di terreno confinante con una linea ferrata da un lato e un’autostrada dall’altro. La cosa la rende un po’ perplessa sull’acquisto. L’agente fa notare che dopo una diecina di giorni chiunque si abituerà alla situazione e ai rumori non si farà più caso. Antonio, che in fatto di acume non brilla certamente, interviene per convincere la mogliettina a non lasciarsi scappare quell’affare, suggerendole come risolvere il problema da lei sollevato. “O Marcè, s’i rumùri si sìantunu sùlu ‘ppi lla prima simàna, fhacìmu ‘na cosa: chilli primi jùarni putìmu durmìri alla casa di màmmata!” (Marcella, se i rumori si sentiranno solo per la prima settimana, potremmo fare una cosa: in quei primi giorni dormire in casa di tua madre).


35 - Ortopedia e pediatria: stesso reparto?
Una contadina, che con gli studi non è andata oltre le scuole dell’obbligo, si procura una distorsione al piede destro ed è consigliata da una conoscente di raggiungere l’ospedale per le cure del caso. Nell’atrio non incontra alcun dipendente, tra personale medico e paramedico, per cui si pone davanti al pannello che indica i reparti e i piani in cui sono sistemati.
Tra le tante indicazioni, alcune a lei poco comprensibili e altre ancora meno, si sofferma su quella che le sembra riguardi il suo caso. Sale al terzo piano e si presenta nella stanza della caposala alla quale chiede:
“Pirdunàtimmi, è ‘ccà ch’a si cùranu i stùarti alli pìadi, ch’a m’indàju fattu una a 'sta gamba?”
(Perdonatemi, è qui che si curano le storte ai piedi perché me ne sono procurata una a questa gamba?).
L’infermiera, gentile e premurosa, fa presente alla contadina di aver sbagliato reparto e la invita a scendere al primo piano ed entrare in quello a destra delle scale scendendo. 
La contadina, un po’ sorpresa, aggiunge:
“Ma ‘unn’è chìsta 'a pediatrìa?” (Ma non è questo il reparto di pediatria?) .
E la caposala, per non mettere a nudo l’ignoranza della contadina, intelligentemente chiarisce: “Sì, ma questo reparto è solo per i bambini. I grandi devono andare sotto”.   


36 - Senza ombrello pioggia in testa.
Il tempo non promette bene. Cielo coperto e nubi grigiastre minacciano pioggia. La signora Maria, una donna che in fatto di spese è piuttosto prudente e in quelle necessarie fa buon viso a cattivo gioco, nel senso di sborsare il meno che sia possibile. Le serve un parapioggia al più presto dovendo recarsi al mercatino rionale per degli acquisti necessari. La distanza da casa sua non è molta neppure poca, abitando lei in periferia. Dalle sue parti non incontra alcuno degli immigrati che vendono ombrelli per le strade a prezzi quasi da…offerta. Entra nel primo negozio, dove si commercia tra le altre cose quel tipo di accessori e al titolare, fa presente ciò che le occorre. Questi preleva da un contenitore alcuni modelli di vario colore e fantasia e pure dai costi differenti, ponendoli sul bancone. La signora Maria osserva attentamente e, dopo tanto girare e rigirare nelle mani, mostra al negoziante quello di suo gradimento chiedendo il costo: “Signò, ’ppì cchìssu ci vonu dùdici euri” (Signora, per quello lì occorrono 12 euro). La cliente trova eccessiva per la propria tasca la somma richiesta dal commerciante e poiché il prezzo di altri parapioggia, sui quali la donna ha poi fatto ricadere la propria eventuale scelta, è superiore al precedente, in certo senso delusa e sconfortata domanda: “Dicìtimmi nu pocu, ’un d’avìti ancùnu ’ppi spindìri mènu ’i deci euri, màssimu setti o ùattu? Chi putèra pigghjàri?” (Ditemi un po’, non avete qualche altro ombrello per il quale spendere meno di dieci euro, massimo sette-otto? Che cosa potrei prendere?”. E il titolare del negozio, tipo navigato e di facile battuta, risponde con simpatica ironia: “’nu ‘mbrèlla sgasciàtu e nu pocu d’acqua” (Un ombrello malridotto e un po’ d’acqua!).


37 - Comprare la torre di Pisa? Non è un…affare.
La presente facezia ricorda per sommi capi la famosa scenetta del film “Totòtruffa” del 1962 nella quale il principe della risata, appunto Totò, spalleggiato nella circostanza dall’altrettanto noto comico napoletano Nino Taranto, riesce a turlupinare un turista italo-americano in cerca di business, fregandogli cinquecentomila lire intascate a titolo di caparra sull’ipotesi truffaldina di vendergli la fontana di Trevi. L’argomento della simpatica scenetta è lo stesso di quello su cui era incentrato l’episodio romano, ma diversi i ruoli dei protagonisti, l’oggetto dell’eventuale trattativa e pure il finale. Carmelo, un anziano emigrato in Canada, dove ha lavorato sodo e ha fatto fortuna, rientra in Italia per rivedere parenti e amici residenti in un paesino della pre-Sila catanzarese. Ha deciso di inframmezzare la permanenza nel luogo natio con un giro turistico per visitare alcune delle più rinomate città italiane, mai viste prima. E per soddisfare il desiderio di un affezionato nipote, Tommaso, che non ha mai lasciato paese e dintorni per lavorare nei campi col padre, decide di condurlo con sé in gita e offrirgli uno spaccato di gioia e di luce nella sua vita di routine…campagnola. Dopo Roma, l’itinerario prevede una tappa a Pisa per poi raggiungere Venezia. Nella ridente cittadina toscana, in Piazza dei Miracoli, Carmelo osserva della gente che munita di biglietto sale sulla torre pendente e da persona intraprendente e in previsione di un grosso affare, si volge verso il nipote e gli confida speranzoso una... brillante idea: “Caru Tom, me vulèsse ’mpurmàri quantu custa sta bella turra, ’ppicchì sugnu sicùru ch’a i sordi ccùlli turisti si fhànu ccùlla pala. Lassèra ’u Cannatà e m’ìndi vinèra du tuttu ccà!” (Mio caro Tommaso, mi vorrei informare quanto costa questa bella torre, perché sono sicuro che i soldi con i turisti si facciano con la pala. Lascerei il Canada e me ne verrei definitivamente qui).
Tommaso, osservando sbalordito e preoccupato quella struttura inclinata, sussurra in un orecchio allo zio coprendosi lateralmente la bocca con la mano per non essere sentito da persone vicine: “Zù Carmè, ’un te cumbèna ’mu t’accàtte. Chìssa ’un passa assai ch’a cade!” (Zio Carmelo, non ti conviene comprarla. Questa non passerà molto tempo che cadrà giù).


38 - Il denaro fa gola a tutti.
Una nave da diporto appartenente a una facoltosa famiglia italo-americana getta l’ancora in un porto della Sicilia. E’ nel programma dei proprietari una sosta di alcuni giorni per rivedere parenti e amici e pure per una visita ad alcune amene località dell’isola. Dalla scaletta scende un’anziana signora, cappello a tesa larga in testa e in braccio un cagnolino di razza pregiata, seguita poco dopo dalle due figlie con rispettivi consorti e nipoti. Nel giardino di casa di una cognata, la signora Agatina (è il nome della proprietaria dell’imbarcazione) mette a terra Max, la bestiola, che in un batter d’occhio s’infila nelle larghe maglie del recinto e si allontana tra il disappunto e la preoccupazione della padrona. In tanti vanno in cerca del cagnolino, ma di Max nessuna traccia. L’italo-americana è molto legata all’animale e pur di riaverlo è disposta a ricompensare con denaro chi glielo riporterà. Si reca subito presso il comando di Polizia Urbana per denunciare lo smarrimento di Max, informando i presenti che è prevista una ricompensa di diecimila dollari canadesi per la persona che lo rintraccerà. La signora Agatina, tornata in casa dei parenti, ricorda di non aver fornito dettagli identificativi della bestiola e ritorna quasi subito al comando dei vigili. Pur in orario di apertura, la donna non trova nessuno. Gli uffici stranamente sono chiusi e al portinaio ne domanda la ragione. Questi, stringendosi nelle spalle, confessa: “Signora, francamente non ne ho idea. Ricordo di aver notato tanti vigili uscire di corsa dagli uffici  e di aver sentito dire uno di loro che si andava tutti ricerca di Max, che non so chi sia”.       


39 – Due miracoli…mancati.
 La loro amicizia risale ai primi anni scolastici che hanno frequentato insieme, essendo residenti con le rispettive famiglie nello stesso rione: uno, Giovanni, ha una malformazione ossea al piede destro per cui incontra difficoltà nel camminare; l'altro, Danilo, è affetto da balbuzie. Una mattina apprendono che un vecchietto, una specie di santone, di un centro abitato non molto distante dal loro è dotato di poteri soprannaturali e che ogni giorno riesce a risolvere a tanta gente, che accorre da ogni parte del circondario, casi per i quali medici specialisti hanno dovuto allargare le braccia in segno d’impotenza. Il mattino seguente, speranzosi di trovare favorevole disponibilità nel taumaturgo a guarirli dei rispettivi difetti fisici, prendono la corriera e raggiungono il paese dei...miracoli. Venuto il loro turno, s’inginocchiano davanti al santone e attendono che questi attivi i suoi poteri. Il vecchietto, a un certo punto, si rivolge a Giovanni e gli ordina: "Giovanni, alzati, alzati e cammina"; subito dopo poggia la mano sotto il mento di Danilo e gli impone: "Danilo, parla, parla".
  Il giovane balbuziente, deluso e sconfortato nel distogliere lo sguardo dall'amico, replica prontamente: "Maè..maè..stru, e..chi hàju i..par..rari: a..avì..ti..diciù..tu a..adìllu mu..mu si..aza ed è ca..cadù..dùtu 'ntèrra!" (maestro, a cosa serve parlare: avete detto a Giovanni di alzarsi e lui è caduto per terra).

40 – I tre amici e il furto di ciliegie.
Tre giovani amici per la pelle, tra l'altro affetti dall'handicap che ciascuno purtroppo porta dalla nascita, un bel giorno decidono di raccogliere delle ciliegie in un podere alla periferia della città, in cui in altre occasioni e per altri frutti non hanno mai incontrato proprietari o altro guardiano. Convinti che anche questa volta non troveranno persona che possa disturbarli o distoglierli dal realizzare la loro bricconata, abbassano uno dei fili spinati della recinzione ed entrano nel frutteto. I compiti se li sono assegnati in partenza: Mario, affetto da sordità, rimane nei pressi del recinto a far da palo; Vincenzo, che in fatto di vista ha tanto da invidiare agli altri due, sale sull'albero per la raccolta delle ciliegie; Carmelo, zoppicante per una malformazione alla gamba sinistra, se ne sta ai piedi della pianta sollevando con le mani il capace cestino che l'amico tra i rami dovrà riempire. A un certo punto Mario, il sordo, rivolto ai compagni, avvisa quasi sottovoce:
"O guagghjiù, pàrica hàjiu sintùtu 'nu rumùri..." (giovani, mi sembra di aver sentito dei rumori). 
Vincenzo, il miope, si porta la mano destra a forma di tettoia sugli occhi per vedere meglio e aggiunge:
"Si 'un sbàgghjiu, viju 'na pirsùna ch'ì veni...” (se non sbaglio, vedo una persona in arrivo);
Carmelo, lo zoppo, posa il cestino per terra e invita gli amici a seguirlo dicendo:
"E 'un fhujìmu...?” (e non fuggiamo...?).   


41 – Una telefonata... dall'altro mondo
Non coincide l’inizio delle ferie concesse dalla sua azienda con il periodo assegnato alla moglie Filomena dipendente di un’altra, e il rag. Gennaro, un impiegato parastatale napoletano, prepara la valigia e prende il volo per una bella vacanza a Formentera, una delle più ridenti e rinomate mete turistiche del Mediterraneo. Sua moglie Filomena, che per la verità era ed è dell’idea (non prevalsa) di andare in Grecia, dovrebbe raggiungerlo tra qualche giorno. In terra di Spagna, sereno e felice come non mai, il signor Gennaro si gode le comodità dell’hotel posto su una rupe e collegato alla sottostante spiaggia da una bianca scaletta. Seduto ai bordi della piscina, con indosso accappatoio e occhiali da sole, tra un’occhiata e l’altra lanciata sull’animato “panorama” (velieri e barche di vario pregio spiccano sulle azzurre acque), degusta una coppa di gelato abbellita da ombrellino e bandierina. Poco prima di sedersi a tavola per il pranzo, preso da un’incontenibile euforia, sente il bisogno di telefonare subito a Filomena. Intende darle conferma che la scelta della località spagnola è stata azzeccatissima, il consiglio di togliersi dalla mente Grecia e Partenone e la raccomandazione di raggiungerlo al più presto. Tra mille frasi ed emozioni che gli frullano in testa e pronte a erompere dalle sue labbra, il ragionier Gennaro alza la cornetta del telefono in sala e compone il numero di casa. La linea è alquanto disturbata, forse per la distanza o per altro motivo. Lui non se ne preoccupa più di tanto. Spera solo che la moglie ascolti tutto e condivida le opinioni e l’entusiasmo che sta per trasmetterle a mezzo quel filo. “Cara sposa – le dice senza neppure domandarle come sta - sono arrivato in un posto meraviglioso. Qui regna la pace. C’è tanta luce e pure tanto da vedere con uno stupendo panorama a cielo aperto. E’ un mondo quasi irreale. Si sta davvero da pascià, senza pensieri e senza preoccupazioni di sorta. Qui ti troverai benissimo anche tu”. E continua senza prender fiato: “Ho tanto desiderio di rivederti e abbracciarti. Mi raggiungerai dopodomani e insieme ci godremo quest’angolo di Paradiso”. E chiude la frenetica telefonata così: “A proposito un consiglio, ricorda di non portare tanti vestiti com’è tuo solito, soltanto quello scuro per il viaggio, perché qui fa caldo, un caldo a volte…infernale ”. Un attimo prima di riagganciare la cornetta, il ragioniere sente un rumore simile a quello prodotto da un peso caduto per terra. Non se ne preoccupa più di tanto, attribuendolo verosimilmente ai disturbi sulla linea. E qualcosa di pesante è caduta per terra per davvero. E’ il corpo senza vita della signora Amalia, una pensionata napoletana, pensierosa e inconsolabile per la recentissima morte del marito. Quell’invito-sollecito “telefonico” a raggiungere subito il consorte nell’al di là, non se lo aspettava proprio, lei che, pur sorretta da solida fede cristiana, confidava in una vita terrena ben più lunga, in una permanenza a lungo termine su questa…sponda. Ma il caso ha deciso diversamente. E per colpa di chi? Del ragioniere Gennaro che, nella fretta di parlare con la moglie, ha involontariamente invertito le ultime due cifre del numero di telefono di casa…! 

42 –  Anime nel cimitero a...colloquio.
Due giovani, Mario e Giovanni, appassionati di moto sono rimasti coinvolti in drammatico incidente stradale e purtroppo sono deceduti entrambi. Quotidianamente nel cimitero del paese le loro anime passeggiano per i viali discutendo del più e del meno. Una sera Giovanni osserva;
‘‘Mariù, ormai sti straticìalli e sti tombi ’i canuscìmu bùani. Ppicchì ’un arrivamu allu paisi, armeni llà ancuna cosa ’i nùavu ’a vidìmu…’’ (O Mario, ormai queste stradine e queste tombe le conosciamo abbastanza. Perché non andiamo in paese, almeno lì qualcosa di nuovo la vedremo di certo...). Risponde Mario sollevando delle 'giuste' osservazioni:
 ‘‘E cùmu ci arrivàmu? ’u paìsi è luntanu’’(E come possiamo arrivarci? Il paese è alquanto distante). Il collega puntualizza:
 ‘‘'U sà cchi fhacìmu? Ni pigghjiàmu a motu du campusantàru quandu illu dormi’’ ( Lo sai cosa faremo? Prenderemo la motocicletta del custode quando lui dorme).
E cosi fanno. Mentre sta per sedersi sul sellino posteriore, Mario  dice a Giovanni che è alla guida:
 ‘‘Aspetta ’nu pocu, ch’a màyiu scardàtu ’na cosa’’ (Aspetta un momento che ho dimenticato una cosa) e si reca al proprio loculo. Poco dopo, con una lapide sotto il braccio, raggiunge il compagno che gli chiede il motivo di quell'oggetto. E Mario precisa:
 ‘‘Giuà, si ni ferma ’a polizia armènu ’nu documentu l’avìmu!’’  (Giovanni, se ci dovesse fermare la polizia almeno avremo un documento!)




43 – Meglio cambiare 


Giovanna e Alfredo, due coniugi di una certa età, una sera di sabato decidono di uscire e cenare fuori. Con la macchina raggiungono una ridente località turistica a pochi chilometri di distanza, nota per la presenza di caratteristici ristoranti per tutti i gusti e tutte le tasche. Davanti ad uno di essi la donna nota uno slogan accattivante accanto al logo del locale: "Qui si mangia come a casa vostra". Il particolare è stuzzicante e la signora Giovanna fa notare la scritta ad Alfredo il quale, presa visione dello slogan, storce il muso e propone riprendendo il cammino: "Mìagghiu 'mu jàmu a nàutra parti!" (Meglio se andiamo ad altro ristorante).

Restando in tema di ristoranti. Due anziani coniugi decidono una sera di andare a cena fuori e optano per un ristorante in periferia noto per la carne alla brace. Prendono posto ad un tavolo già predisposto con tovaglioli, posate, bicchieri e due caraffe, una piena di vino e l'altra di acqua, e con al centro un adornante vaso di fiori. Al cameriere che con in mano taccuino e penna attende di ricevere le ordinazioni, il signor Giacinto (nome di fantasia), affermato artigiano, raccomanda: "Come primo piatto per me porterai una minestrina in brodo di pollo e per secondo una bella bistecca ai ferri con contorno di insalata verde...". 
Il giovane sta per rivolgersi alla signora ma l'artigiano ne richiama l'attenzione e gli dice: "La mia signora invece preferisce come primo piatto anche una bistecca ai ferri con patatine fritte per contorno, mentre come secondo piatto un brodino con pane abbrustolito".
Il cameriere,giustamente sorpreso, fa notare al signor Giacinto l'inusuale inversione delle portate, sostanzialmente identiche. Al che l'artigiano fa segno al giovane di accostarsi e gli confida nell'orecchio perché non sentano altri commensali:"Purtroppo io e mia moglie disponiamo di una sola dentiera, in quanto l'altra è in riparazione".


 44 – Risposta imprevista


Giovanni e Riccardo, amici d'infanzia ed entrambi sposati, s'incontrano una mattina sul corso principale della loro cittadina e decidono di consumare la solita tazzina di caffè in un bar del posto. Seduti a un tavolino sorbiscono l'aromatica bevanda e discorrono del più e del meno. A un certo punto Giovanni, rivolto all'amico che trova meno espansivo del solito, gli domanda:

"Scusami, Riccardo, ti vedo un po' disturbato, qualche problema?".
Dopo aver sorbito l'ultimo sorso di caffè, Riccardo, posata la tazzina sul piattino e con gli occhi abbassati sulla stessa, prende coraggio e dichiara:
"Questa mattina io e mia moglie abbiamo litigato forte per una mia manchevolezza". Prende fiato e aggiunge:
"Poi lei, per la verità, è venuta verso di me in ginocchio e...." 
Giovanni, lo interrompe chiedendo incuriosito: 
"Cosa ti ha detto, ti ha chiesto scusa?". 
E Riccardo: "No. Vieni fuori da sotto il letto, mascalzone!"                                        

45 – Le bugie hanno le gambe corte.

Il signor Arnaldo, pensionato con l'hobby della pesca, una mattina  prende lenza, retino e contenitore ittico e si appresta a uscire. Saluta la moglie Concetta con questa raccomandazione: "Cara mogliettina mia, vado a pescare e anche questa volta sono certo porterò qualcosa da cucinare sulla piastra". E aggiunge, nel mentre sta per chiudersi la porta alle spalle: "Per il pranzo pensa tu solo al primo piatto, per il secondo provvederò io. Di sicuro ti farò leccare i baffi!"
Rientra a casa nella tarda mattina, visibilmente contrariato e alla moglie, allargando le braccia e con gli...inutili attrezzi nelle mani, confida scuotendo la testa: "Purtroppo non è andata come speravo. Nessun pesce ha abboccato alla lenza. Si vede che non era la giornata adatta per la pesca!".
E la signora Concetta, per nulla sorpresa del rientro a mani vuote del consorte, premurosa e comprensiva com'è suo solito, lo consola dicendo: "Non ti preoccupare Arnà, ho provveduto io anche per il secondo con altra pietanza che a te piace tanto, una frittata di asparagi. Sapevo che questa volta in fatto di pesci a tavola neppure l'ombra".
-"...e come hai fatto a prevederlo?", chiede apparentemente sbalordito il pensionato.
E quella: " Arnà, hai dimenticato il portafogli sul comodino!!!".


46 – Si scoprono gli altarini dei falsi mendicanti.


Qualche volta capita che involontariamente si scoprano gli altarini e che i protagonisti, rei di burle e/o truffe, ne paghino le conseguenze. Il curioso episodio – si dice – sarebbe accaduto in una importante città del nord. Due mendicanti, Basilio e Domenico, accovacciati davanti l’ingresso di una basilica, chiedono l’elemosina ai fedeli e/o ai turisti che nella piazzetta antistante ammirano il portale e la stupenda struttura del tempio.
Il primo in abiti consunti e un vistoso paio di occhiali neri a comprova di una cecità completa, tiene un berretto nella mano destra allungata in avanti e nella sinistra un bastone; l’altro, anche egli con addosso un vestito malridotto, barba lunga e un consunto zainetto a tracolla, seduto su un foglio di cartone, gambe incrociate, tiene davanti ai piedi una ciotola con delle monetine ricevute in offerta e un vistoso cartello con la scritta "sordomuto". I due non vanno affatto d’accordo per ovvi motivi di concorrenza e di contestata...titolarità del posto. A Domenico si avvicina un’anima pia, una donna anziana che apre il borsellino in cerca di una moneta da dare in elemosina. Ne tira fuori una da un euro e la porge al mendicante facendogli capire con cenni della bocca e delle mani di volere come resto una da 50 centesimi destinata al cieco che indica con l’indice destro.
Il sordomuto, dimenticando di essere (o meglio, di apparire) tale, suggerisce sottovoce alla donna: “A chìllu ’un cindi dati sordi ch’a unnè cicàtu. Porta 'na lenti nìgura e lu bastuni, ma ci vidi rigulari!” (A quello non gli date soldi perché non è cieco. Porta bastone e occhiali neri, ma ci vede regolarmente!). A questo punto si scoprono gli altarini. La vecchietta non la prende bene col finto sordomuto, oltretutto scorretto nei confronti del collega “cieco”, e chiede a Domenico la restituzione dell’euro perché non le va di essere truffata da chi si attribuisce infermità che invece non ha. E quello, facendo buon viso a cattivo gioco, toglie dalla ciotola la moneta in questione e frettolosamente la ridà alla donna perché vada subito via, prima che altri passanti possano accorgersi del…travestimento suo e, purtroppo, anche dell’altro mendicante.                       




1 commento:

  1. simpaticissimi tutti questi aneddoti dai quali traspare un umorismo a tratti ironico e a tratti pungente; ma sempre con garbo e quindi gradevolissimi. Complimenti all'autore. Angelo P.

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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari