Secondo una facezia chi ha in tasca il biglietto d'ingresso al luogo più ambito dell'aldilà (il riferimento è al Paradiso) attraverso la porta principale e senza passare dalla "zona" purificatrice? Il “privilegiato” sarebbe il conducente di pullman. Tra poco il perché. Intanto, è da precisare che trattasi di una barzelletta curiosa, simpaticissima e che lega benissimo con l’argomento di cui sopra. Per tale sua specificità essa è da prendere per quella che è, cogliendo soltanto quel sano umorismo in essa contenuto. Non credo si corra il rischio di essere blasfemi o irriverenti, anche perché a raccontarla, tempo fa, è stato un bravo e stimatissimo Cappuccino del Convento di Sant’Antonio, padre Albino (spero che il citarlo non gli sia dispiaciuto quando era in vita), in occasione di un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo. Il luogo, in quella circostanza, cadde a fagiolo giacché si personificò - scherzosamente parlando - nel conducente del mezzo uno dei protagonisti dell’amena storiella.
La curiosa facezia, gradita molto da quei pellegrini diretti al Santuario di Padre Pio, parla di due anime che si presentano al cospetto di San Pietro per conoscere la rispettiva … destinazione in quell’aldilà: una appartenuta a un sacerdote di nome Antonio e l’altra a un autista di un pullman, che in quella occasione ebbe attribuito il nome del conducente (ovvio il ricorso di quest’ultimo a simpatici gesti di scongiuro tra l’ilarità dei viaggiatori).
Il Santo con le chiavi chiede al prete: “Come ti chiami e quale attività hai svolto sulla terra?”
- “Mi chiamo Don Antonio e sulla terra ho fatto il prete” è la risposta.
E l’altro di rimando: “E lo hai fatto per come si deve?"
- “Onestamente, così così".
Questa la decisione del Santo: "Bene, entra da quella porta, alla mia sinistra”.
- “Onestamente, così così".
Questa la decisione del Santo: "Bene, entra da quella porta, alla mia sinistra”.
Don Antonio, vedendo all’ingresso del locale a lui destinato un vistoso cartello con la scritta Purgatorio, gli viene da storcere il muso e alquanto risentito torna indietro per parlare nuovamente con San Pietro ed esporre la propria insoddisfazione circa la destinazione assegnatagli. L’intenzione ovviamente è quella di far valere le proprie ragioni, di ottenere ben altra valutazione in merito alla scelta fatta in vita e, conseguentemente, una migliore … sistemazione in quel mondo. Trova San Pietro intento a rivolgere le stesse domande all’autista che, dopo aver detto di chiamarsi Giuseppe e di avere guidato autobus durante la vita terrena, si avvia - giusta indicazione di San Pietro - verso la seconda porta alla destra del suo interlocutore. Sul cartello brilla la scritta Paradiso.
Notata la cosa il sacerdote prova tanta amarezza e delusione. Rivolto al "giudice" con doveroso rispetto e una punta di malizia, osserva: “Perdonatemi San Pietro, mandate me in Purgatorio nonostante abbia servito la Chiesa per tanti anni e fatto voto di castità; mentre quello – e rivolge lo sguardo e l’indice della mano destra verso Giuseppe – è premiato in eterno con un posto in Paradiso per essere stato un semplice autista di pullman …!”
Curiosa e umoristicamente interessante la giustificazione messa in bocca a San Pietro dal geniale autore della facezia; che si tratti di quel padre Cappuccino o di altra persona:
“Don Antonio, quando tu predicavi i fedeli dormivano; quando Giuseppe guidava, la gente pregava …”.
* * *
Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale quando analfabetismo e certe credenze imperavano, in un piccolo centro montano del circondario all’epoca guidato da una giunta di sinistra ha avuto luogo una gustosa scenetta tra il primo cittadino, il parroco e un artigiano che all’occorrenza svolgeva mansioni di sagrestano. Uno spaccato curioso sui rapporti tra i protagonisti, un po’ sulla falsariga dei noti personaggi di Giovannino Guareschi: Peppone e Don Camillo.
Ecco il fatto per come riferitomi da un noto e
rispettabilissimo dirigente scolastico ora in pensione. Tralascio i nomi degli
“attori” principali per ragioni di opportunità. Colpito da infarto, muore un
anziano coltivatore diretto, padre del sindaco. Fervono i preparativi per il
funerale e il primo cittadino, suo malgrado, non può esimersi dal richiedere
l’intervento del sacerdote per la funzione religiosa. Lui, un non credente, non
può rinunciare a essa sia per adeguarsi alla volontà dei parenti e,
soprattutto, per non finire sulla … bocca dei concittadini, gente che ha
rispetto dei defunti e delle consuetudini. Nell'incontro col parroco tra le
pieghe del discorso gli chiede l'entità dell’offerta da fare alla Chiesa per il
rito religioso. Il prete, un tipo alla Fernandel: bonario, scherzoso, ironico,
pronto alla battuta e, soprattutto, con ben impresse nella mente le esigenze
della parrocchia e della povera gente, allarga le braccia e dice: “Offrite
quanto volete”. Subito dopo
aggiunge: “Certo, più consistente sarà la somma e più essa andrà a suffragio
dell’anima del defunto”.
E l’altro, con tono tra il curioso e l’ironico, domanda
ancora: “Perché, con più soldi sarà più facile l’ingresso dell’anima
benedetta in Paradiso?”.
Il sacerdote risponde al sindaco con il sorriso sulle
labbra: “La carità verso chi
ha bisogno è una virtù meritevole di attenzione. Nel vostro caso lo sarà ancora
di più giacché proviene da uno che sta sull'altra...sponda”. L’artigiano, presente in sagrestia al
colloquio tra i due, sorpreso e preoccupato, pone al parroco il seguente
interrogativo:
“Allora io che sono un poveraccio non andrò in Paradiso?”.
“Sì –
è la paterna risposta del sacerdote – tu
entrerai da un’altra porta”. Demetrio Russo
Complimenti, veramente simpaticissimo questo racconto!
RispondiEliminaRingrazio l'anonimo per i complimenti e con lui anche coloro che trovano gradevoli gli aneddoti descritti.
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