Di alcuni protagonisti di storielle divertenti (invero non tutte con solide basi
di autenticità, ma possibile frutto della fantasia del solito buontempone),
che appartengono – come l’attendibile “fonte” assicura – al passato più o meno
recente, si potrebbero fare i nomi, anche perché i fatti non contengono
elementi tali da toccare la suscettibilità loro o di loro parenti. Tuttavia, la
mancata citazione dei personaggi coinvolti in curiose vicende non inficia più
di tanto il loro contenuto, per cui preferisco mantenere un certo riserbo,
limitandomi alle sole iniziali.
Ed ecco due storielle davvero curiose avvenute diversi anni
addietro (si parla di almeno
quattro lustri fa). La prima
riguarda lo scambio di esilaranti battute all’interno di un negozio di
abbigliamento tra il cliente V.C., un giovane impiegato statale – oggi
rispettabile pensionato - e l’ex commesso del reparto, R. M., due persone
gioviali, aduse a facezie e “sparate” simpaticissime.
Si era in piena stagione invernale e nelle vetrine della ben avviata azienda commerciale, sita su Corso G. Nicotera, dei manichini facevano sfoggio di alcuni cappotti di qualità e all’ultima moda. Ai loro piedi, al contrario di oggi, non vi erano i cartellini con i prezzi, per cui Valentino (nome di fantasia), interessato all’acquisto di uno di quegli indumenti o anche per semplice curiosità, entrò nel locale e al commesso, che conosceva e rispettava pure per la maggiore età, chiese:
Si era in piena stagione invernale e nelle vetrine della ben avviata azienda commerciale, sita su Corso G. Nicotera, dei manichini facevano sfoggio di alcuni cappotti di qualità e all’ultima moda. Ai loro piedi, al contrario di oggi, non vi erano i cartellini con i prezzi, per cui Valentino (nome di fantasia), interessato all’acquisto di uno di quegli indumenti o anche per semplice curiosità, entrò nel locale e al commesso, che conosceva e rispettava pure per la maggiore età, chiese:
“Don Battì, (altro nome di comodo), quantu custa chìllu cappottu nìguru
’nta vitrìna?”
(Don Battista, mi dite per favore il prezzo del cappotto
nero in vetrina?)
“Giuvinò, ’ppi cchìllu ci vùanu
ottucìantuquarantamìlalìri”
(Giovanotto, per quel capo occorrono 840.000 lire) fu la risposta dell’addetto al
reparto. Un prezzo che il giovane trovò esorbitante, di molto sopra la somma
che eventualmente sarebbe stato disposto a sborsare. Tentò di mascherare la
sorpresa e la delusione portando il discorso sullo scherzo con atteggiamento
serioso. “E senza ’i mànichi?” (E senza le maniche?) intervenne prontamente con questa
seconda, straordinaria, simpaticissima e, ovviamente, disinteressata domanda.
Allora il commesso, adeguandosi al tono simpaticamente
spiritoso del giovane, di rimando disse: “A
chìllu cappottu ’i manichi ’un si càccianu, avèri ’i chiamàri tu ’nu sartu. Ma
pùa, ccù ’stu frìddu, di ’nu cappòttu senza mànichi cchi ti ’n davèri ’i
fhàri…!” (Le maniche di
quel cappotto non sono staccabili. Per farlo dovresti incaricare tu un sarto.
Ma poi, cosa farne di un cappotto senza maniche con questo freddo?). Valentino, restando al gioco delle
parti e attingendo al proprio inesauribile bagaglio di battute spiritose, sulle
labbra un sornione sorrisetto, aggiunse:
“’U vulìa sapìri ch'a mi putèra sirvìri senza manichi: a sintìri chìllu prìazzu, m’hànu cadùtu ’i vràzza…” (Lo vorrei sapere perché potrebbe servirmi senza le maniche giacché, al sentire quel prezzo mi sono cadute le braccia).
“’U vulìa sapìri ch'a mi putèra sirvìri senza manichi: a sintìri chìllu prìazzu, m’hànu cadùtu ’i vràzza…” (Lo vorrei sapere perché potrebbe servirmi senza le maniche giacché, al sentire quel prezzo mi sono cadute le braccia).
* * *
La seconda storiella ha avuto per protagonista lo stesso
dipendente statale, alias Valentino, autore di un avvertimento che andrebbe
annoverato tra le “frasi storiche”. Una domenica d’estate da un amico fu
invitato con la famiglia (moglie e figlio di pochi anni) a trascorrere una giornata
insieme a Nocera Terinese Marina. Al mattino tutti sulla spiaggia a fare il
bagno o a godersi la brezza marina sotto l’ombrellone. Ad un certo punto la
moglie dell’amico, un’ottima nuotatrice, avendo appreso che il figlio di
Valentino, qui indicato col nome di Battista, contrariamente ai suoi tre
rampolli, non sapeva nuotare e se ne stava sulla sabbia mentre gli amichetti
giocavano in mare, prese per mano il piccolo e lo condusse a fare una
nuotatina. Battista era felice come una pasqua e sbatteva sull’acqua le manine
che la signora di tanto in tanto lasciava invitando il piccolo a muoversi da
solo. Valentino, persona particolarmente apprensiva, non perdeva di vista suo
figlio e camminava sulla battigia seguendo preoccupato i movimenti dei due.
Accortosi a un certo punto che il bambino, sempre controllato da vicino dalla
signora, si stava allontanando di qualche metro dalla riva, Valentino lo ammonì
con questa frase curiosa e indimenticabile: “O
Battì, ’un t’alluntanàri ch’a si t’affùchi iju pùa t’ammàzzu...!” (Battista, stai attento: non ti
allontanare perché se affoghi io poi ti ammazzo...!) Demetrio Russo
Alla luce della storiella sopraindicata mi viene in mente quando mio padre negli anni 50 cercando casa a Nicastro ne trovò una il cui prezzo era esorbitante e rivolgendosi al proprietari le domando...e senza cucina il prezzo quanto fà? Quello incuriosito le chiese come mai senza cucina? Mio padre rispose che praticamente tutto lo stipendio lo avrebbe utilizzato per pagare l'affitto e quindi la cucina non le sarebbe più servita!
RispondiEliminaE' un aneddoto davvero gustoso. Complimenti al giornalista per la descrizione gradevole e umoristicamente interessante.
RispondiEliminaLa vita è piena di aneddoti di tal genere: alcuni curiosi e piacevoli, altri meno. Grazie per il giudizio positivo espresso nei miei confronti.
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