Uno studente di scuola media degli anni ‘60, tale G.
L., oggi pensionato, non aveva mai mostrato volontà e impegno, oltre che
assiduità di presenza in classe. Di ottimi voti in pagella neppure l’ombra in
tanti anni di scuola, elementari e superiori comprese. Tuttavia, la sufficienza
e la promozione riusciva di solito a rimediarle con l’aiuto, come suole dirsi,
di Dio e dei vicini (in più di un'annata scolastica, fra le altre cose, ha
dovuto far ricorso alla sessione settembrina di riparazione) e, soprattutto, grazie alla
severità del padre che, in fatto di botte e di aspri rimproveri, all'occorrenza
non si risparmiava. Questi, un commerciante ben noto in città, era un uomo
all’antica: tutto d’un pezzo, rispettato e rispettoso. Carattere forte e
autoritario, in famiglia dettava … legge, specie con il figlio Giovanni (nome
fittizio) per il quale aveva grandi progetti. La laurea in legge per
quest'ultimo, volente o nolente, era da ottenere a tutti i costi per cui il giovane,
acquisito "more solito" il diploma di maturità classica, fu mandato
all'università. La sede scelta ricadde su Roma dove lo si iscrisse in
giurisprudenza. In famiglia si puntava e si sperava che il Giovanni,
completati gli studi, tornasse con in tasca quel “pezzo di carta” che gli sarebbe
tornato utile nella gestione diretta dell’azienda familiare, abbastanza avviata
e in fase di espansione.
Trovatosi in una grande città, Giovanni si lasciò
avvolgere, ben oltre il tempo normalmente concesso lontano dai libri agli studenti
"normali", dalle distrazioni che il nuovo ambiente
offriva (e offre tuttora) soprattutto a tanti di giovani provenienti da piccoli
centri senza aver prima varcato raramente (se non per corte distanze) i confini del proprio territorio e anche a quegli studenti amanti dei divertimenti e dotati di scarsa volontà di studiare. Per non deludere i familiari e,
in particolar modo, il papà col quale minimamente poteva scherzare, approntò
controvoglia e in fretta e furia una preparazione al primo esame, la cui data
egli aveva preventivamente comunicato ai congiunti per testimoniare loro che a
Roma egli studiava e come!
Quel giorno, nell’aula dell’ateneo, le cose non andarono
per il verso sperato: Giovanni era rimasto in pratica a bocca chiusa; aveva
appena balbettato delle risposte rabberciate e non sempre a proposito alle domande dei docenti, per cui non rimediò in termini di punteggio neppure il minimo (18)
necessario per considerare superato un esame. Il suo pensiero andò subito a
casa dove tra qualche giorno avrebbe dovuto far ritorno per le ferie estive.
Ovviamente, preoccupato per le prevedibili reazioni paterne al negativo esito
del primo esame universitario, qualche giorno prima di risalire sul treno e tornare al proprio paese, pensò bene di far
stemperare un po’ il clima di delusione e di rabbia che avrebbe sicuramente
trovato in famiglia, inviando alla sorella maggiore Giuseppina un telegramma
del seguente tenore: “Esame
bocciato. Prepara papà”. Il
giorno successivo, sempre a mezzo telegramma consegnatogli da un fattorino, al giovane pervenne la seguente risposta da parte della consanguinea: “Papà preparato. Preparati tu!”
* * *
Il comitato per i festeggiamenti in onore del Santo patrono
di uno dei piccoli centri abitati, che ricadono nel circondario dell’ex comune
di Nicastro, diversi anni addietro, tra le altre attività laico-religiose,
aveva inserito in programma – cosa normalissima, anzi d’obbligo, in ricorrenze
del genere – l’esibizione di una banda musicale, sia per l’accompagnamento del
Santo durante la processione lungo la via principale del paese e sia per
l’esecuzione in serata di alcuni brani del proprio repertorio sul palco
allestito nella piazzetta principale.
A presiederlo era stato chiamato dalla comunità
parrocchiale “mastru Cicciu”, un anziano artigiano tutto casa e chiesa,
orgoglioso del ruolo e delle mansioni che da anni con scrupolosità e impegno
assolveva, mostrando anche di dare tempo, energie e risalto a piccoli
particolari più del necessario. Ogni dettaglio del programma, stilato in
collaborazione col parroco e con altri membri del comitato, lo impegnava oltre
ogni dire; almeno così egli lasciava far credere ai colleghi del comitato e ai
compaesani, nella prospettiva di una riconferma nell’incarico l’anno
successivo.
In tale ottica, alla vigilia della festa espresse agli
altri organizzatori la preoccupazione che la banda musicale potesse, per
qualche impedimento, far mancare la propria presenza l’indomani. E suggerì -
provvedendo poi egli stesso – di chiedere conferma telegrafica al responsabile
degli orchestrali, con il quale giorni prima aveva sottoscritto regolare
contratto. Questo il testo: “
’A festa è ‘ncignata, ‘ù pàrcu l’hamu faciùtu. Dicìtimmi quandu arrivàti e puru
quantu sìti” (I
festeggiamenti sono già iniziati, il palco lo abbiamo allestito. Fatemi sapere
quando arriverete e in quanti sarete). Ed
ecco la stringata quanto … memorabile risposta a quel telegramma spedita dal capobanda, tale Buffone, che come lavoro preminente svolgeva quello di sarto: “Giusto contratto, musica parte,
trenta persone, maestro Buffone”.
Demetrio
Russo
Battute esilaranti. Un sorriso tra i denti viene spontaneo. Bravo l'autore a cogliere situazioni e fatti ameni.
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