03 - AL TELEFONO: UNA TROVATA " INTELLIGENTE "




Negli anni ‘50, gli apparecchi telefonici nelle abitazioni si potevano contare sulle dita di una mano. Erano davvero poche le famiglie che potevano permettersene uno. Disporre di un telefono in casa era considerato un lusso più che una necessità. La gente, che ne era priva, nei casi di effettivo bisogno si serviva dei posti telefonici pubblici. Nelle frazioni e nei piccoli paesi il servizio era affidato ai titolari di bar o di altri esercizi commerciali. In collina, alle spalle di Sambiase (uno dei tre ex Comuni di Lamezia Terme), una curiosa scenetta è avvenuta proprio all’interno di quel posto telefonico.
E’ andata così: un giorno nel locale si presenta un anziano contadino con pochissima, o meglio nessuna dimestichezza con la... cornetta, poiché fino a quel momento non ha mai avuto modo e occasione di usarla. Pur tuttavia, ritenuto da parenti e conterranei il più indicato a sbrigare faccende con quel mezzo, anche in considerazione degli studi fatti (aveva conseguito la licenza di terza elementare) e dell’invidiabile parlantina fornitagli da madre natura, da uno zio gli è affidato il compito di tastare il polso a un ex vicino di casa, ora in altro continente, in merito alla vendita o meno di un terreno attiguo al suo.
L’incarico, pur suscitando in lui un po’ di apprensione dovuta all’incognita del "nuovo", è accolto con compiacimento, con orgoglio e pure con un certo entusiasmo, non fosse altro per la prospettiva di un maggiore credito presso i parenti in termini di stima, di fiducia e, forse anche di regalie. Il signor Giovanni (nome fittizio), tutto impettito, si avvia verso il bar-alimentari distante qualche centinaio di metri, dove si trova la cabina pubblica. Varcata la soglia, saluta cordialmente il signor Vincenzo, proprietario del locale e suo compare, e, nel mostrargli un pezzo di carta con scritto un numero a tante cifre, domanda:
- “Cumpàre Vicì, avèra de parràri ccù ’na pirsùna chi se tròva ’nt’Australia, a Merbùrn. ’U nùmeru, chi m’hànu datu, è cchìstu. Dicìtimme cc’hàju ’e fhàre .” (Compare Vincenzo, dovrei telefonare a uno in Australia, a Melbourne. Ho qui il numero che mi hanno fornito. Ditemi come fare per telefonargli).
Il signor Vincenzo gli dà indicazioni dettagliate: una volta nel box, sollevare la cornetta e attendere il segnale di linea libera, digitare il numero e, quindi, conversare. Il cliente, con piede comprensibilmente incerto, entra nella cabina e sgancia la cornetta. Prima di chiudersi la porta alle spalle e comporre il numero segnato sul foglietto, si gira verso il banco e, approfittando dei buoni rapporti col gestore, chiede ancora:
-“Pirdunàtemme cumpà, 'un me dicìti: quàntu se ppàga ppe parràri 'ccù l’Australia?” (Perdonatemi compare, ditemi: quanto si paga per telefonare in Australia?).
- “’U telèfhunu - risponde quello - se ppàga secùndu quante scàtte se ffànu: cchiù parràte e cchiù pagàte” (La telefonata costa in base agli scatti fatti: più parlate e più pagate). Il contadino, volendo sbrigare al meglio l’incarico ricevuto, pensa al modo come fare risparmiare lo zio sul costo della telefonata. Le ultime parole del compare gli frullano in testa e, mentre si chiude all’interno della cabina, trova la soluzione … giusta. Accertatosi che dall’altro capo del filo vi è la persona cercata, dice subito:
- “’U zzù Mìcu vulèra accattàre a terra vostra. Dicìtemme vùa...” (Mio zio Domenico vorrebbe comprare il vostro terreno. Parlate voi …).
L’emigrato si dichiara disposto alla vendita del terreno solo che, avendolo in comproprietà con altri due fratelli, dovrà logicamente conoscere pure le loro intenzioni in merito. L’australiano assicura Giovanni che nei giorni successivi proverà a sentirli e farà conoscere al più presto la comune decisione. La conversazione va un po’ per le lunghe, poiché l’australiano coglie l’occasione per chiedere notizie su alcuni parenti e amici rimasti in Italia. Giovanni ascolta educatamente anche se avrebbe preferito chiuderla lì e alle varie domande risponde con attenta e giustificata parsimonia di ...  fiato.
Conclusa la telefonata e appesa la cornetta, Giovanni esce dalla cabina visibilmente soddisfatto per come ha gestito la conversazione e si presenta alla cassa. Il titolare del locale gli domanda se la linea ha funzionato bene. Risponde di sì. Ringrazia per la cortesia e chiede il conto.
- “Cumpà, m’avìte ’e dàre settemìlaquattrucìantuliri” (Compare, mi dovete settemila e quattrocento lire), dice il signor Vincenzo dopo aver guardato il conta-scatti e fatto il dovuto calcolo.
- “Ccùlle càzze...! Avìa capìtu ch'a menu se pàrra e mènu se ppàga; tant'è ch’a ìju haju parràtu pocu e nente, 'mbece !” (Caspita! Avevo capito che meno si parla e meno si paga, per cui ho parlato poco o niente) osserva Giovanni a mezza voce, tra il sorpreso e il deluso.
Poi, quasi controvoglia, tira fuori da una tasca interna della giacca di fustagno un fazzoletto con dentro del denaro e ne scioglie il nodo. Dispiega sul banco una banconota da diecimila e la porge al compare. In attesa di avere il resto, il suo pensiero corre sul...filo: va al signore, in Australia, col quale poco prima ha parlato. E con una punta di curiosità (non soddisfatta) e di sadica consolazione, aggiunge tra sé e sé:
- “Chissà a cchìllu quàntu l’è custàta?” (Chissà a quello quanto sarà costata ?). Demetrio Russo


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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari