Il presente fatto a differenza di altri
potrebbe esser vero. Tuttavia la certezza che sia tale non è scontata poiché da
una parte mancano prove inconfutabili e dall’altra l’unica "carta"
disponibile in tale direzione è rappresentata dalla testimonianza del signor
Giuseppe, un pensionato appena conosciuto. Ho preso contatto con lui giorni
addietro su indicazione di un comune amico per apprendere una vicenda
abbastanza curiosa e simpatica da proporre ai lettori. L’approccio con l’ex
operaio non è stato dei migliori. Difatti, all'inizio egli si è mostrato restio
a riferire l’episodio ritenendo che i familiari quasi certamente non avrebbero
voluto fosse pubblicato. Poi, a seguito d’insistenza e garanzia sull’uso di
nomi fittizi, si è … sciolto, raccontando con dovizia di particolari quanto
egli apprese tempo prima dal cugino Michele che, all’epoca dei fatti, avrebbe
avuto nella vicenda un ruolo sia pure marginale. Passiamo al fatto.
Un giorno “’u zzù ’Ntòni” (lo zio
Antonio), arzillo vecchietto originario di un paesino del circondario, si reca
a Bologna per far visita al nipote prediletto, Michele, ferito seriamente in un
incidente stradale. Il giovane, subito dopo l’intervento chirurgico, cui è
stato sottoposto nell’ospedale della città emiliana, ha trovato ospitalità per
alcune settimane in casa di un parente, da anni residente al Nord e
precisamente a Bologna, in località Borgo Panigale. Dopo un lungo viaggio in
treno, sul far della sera “’u zzù ’Ntòni” arriva nella città emiliana.
E’ inverno e le strade della periferia sono piuttosto deserte e scarsamente
illuminate. Nei pressi di un incrocio il vecchietto non riesce a orientarsi,
non sa che via imboccare. Ha fretta, tra l’altro, giacché non ha alcuna
intenzione di trascorrere la notte per strada, con quel freddo e con quella
valigia!
Giustamente preoccupato, scruta fino in
fondo le diramazioni in cerca di qualcuno che possa aiutarlo nell'indicargli la
strada per località Panigale. Purtroppo per lui, neppure l’ombra di un cane.
Solo qualche macchina di tanto in tanto gli passa veloce davanti, con il
conducente incurante dei suoi timidi gesti con la mano per fermarne la marcia.
Dopo una trentina di minuti, finalmente da quelle parti si trova a passare un
giovanotto con berretto in testa, bavero alzato e passo svelto. Il signor
Antonio ritrova il sorriso. Richiama l’attenzione del provvidenziale passante e
gli chiede speranzoso:
- “Scùsame
giuvinò, mi sapèsse dire dùve se trova Borgu Panigàli; ’mbèru dùve avèra de
‘jìre, ch’a ìju 'ullu sàcciu? ’Un sùgnu de ccà.” (Scusami giovanotto, mi sai dire dove
si trova Borgo Panigale; quale strada dovrei prendere perché io non so. Non
abito da queste parti).
L’altro, un immigrato di origine africana,
che non conosce quel posto ma che vorrebbe aiutare il signore con la valigia, a
fior di labbra rivolge a se stesso il quesito, cercando di pescare nella
memoria qualche indizio per soddisfarlo:
- “Borgo
Panigale..., Borgo Panigale..., boh...!”.
Subito dopo si stringe nelle spalle,
scuote la testa e, alquanto rammaricato, precisa:
- “Io
sdàre da poco dèmpo a Bologna e non conoscere ancora quèsdo posdo. Io avere
sendìdo aldri borghi, come Borga Loca, Borga Miseria; ma Borgo Panigale mai,
mai...!” (Io mi trovo a
Bologna da poco tempo e non conosco quel borgo. Ho sentito altri borghi come
Porca Loca, Porca Miseria, però Borgo Panigale mai sentito). E, mostrandosi
dispiaciuto, riprende la propria strada.
Il contadino è preso da sconforto, si
siede sulla valigia e cerca di chiarirsi le idee sul da farsi. Per fortuna,
dopo una decina di minuti, transita da quell’incrocio una vettura (si tratta di
un taxi, ma con quel buio l'insegna non viene notata). “’U zzù ’Ntòni” lo ferma e formula al conducente la
richiesta su Borgo Panigale e sulla strada da seguire per raggiungerlo. - “Conosco la zona - risponde l'uomo al volante - è un po’ lontana da qui, se vuole
l'accompagno io”. Al
vecchietto si apre il cuore dalla gioia. E’ altresì stupito della gentilezza e
disponibilità dell’automobilista nei confronti di uno sconosciuto, come lui.
Per giunta, di notte!- “Questo buon uomo me l’ha mandato il cielo”, dice tra sé, prendendo posto sul
sedile posteriore, dopo aver sistemato la valigia nel bagagliaio. Preso fiato e
ritrovata un po’ di serenità, si profonde in mille ringraziamenti nei confronti
del conducente. La vettura, dopo qualche tempo, arresta la sua corsa, in
località Borgo Panigale, davanti al portoncino di una villetta bi-familiare. Il
passeggero apre lo sportello, ma prima di scendere tira fuori dal portafoglio
un biglietto da cinquecento lire e lo porge all’autista dicendogli:
- “Giuvinò,
pìgghjati ’nu cafhè ch’a t’ammìariti” (Giovanotto, comprati un caffè perché
te lo meriti). Il tassista, con la mano sinistra sul volante e con la destra
puntata sul display del tassametro, precisa:
- “Signore,
guardi che la corsa viene 4.430 lire”. Dopo il necessario chiarimento e con
tanto di muso, il signor Antonio tira fuori i soldi da una tasca interna della
giacca, afferra stizzito la valigia e, avviandosi verso il portoncino
d’ingresso del fabbricato, mastica amaro:
- “Cchì
fhitinzìa...! Quandu mmài 'ndùvi a nnùa i piacìri s’hànu pagàtu...!” (Che
schifezza! Quando mai dalle nostre parti i favori sono stati pagati...). Demetrio Russo
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