01 - UN CONSIGLIO AI LETTORI



Non lambiccatevi il cervello se in alcune storielle, datate decenni fa e riferite in questa rubrica, ci sia o no un fondo di verità. Non storcete il muso se talune vi sembrano così assurde da essere ritenute autentiche "bufale", prive di un pur sottile puntello di autenticità. Anche a me, nel momento in cui le ho apprese da amici o semplici conoscenti, sono venuti dei dubbi, non solo riguardo ai contenuti, quanto anche alle persone in esse citate. Sì, perché in tanti aneddoti che circolano in città, veri o inventati che siano, esiste un abbinamento perfetto, almeno sospetto, tra i personaggi delle storielle e noti concittadini per le loro caratteristiche fisiche e comportamentali; concittadini che, in alcuni casi, non hanno avuto mai nulla da spartire con la vicenda a essi attribuita. Di questa convinzione e di tali dubbi, per la verità, non faccio un problema. Mi viene quasi spontanea un’alzatina di spalle, oppure un mezzo sorrisetto a porre l’accento su una buona dose d’incredulità; poi, però, messa da parte ogni altra considerazione al riguardo, ci si gode le amenità dei fatti, puri e semplici, veri o presunti che siano. Talvolta, l’infondatezza di certi aneddoti è palpabile, è quasi lapalissiana. In taluni, addirittura, non si ravvisano le più labili tracce di verità e l’intera impalcatura, come suole dirsi, non sta in piedi, giacché poggia su tasselli fragili, inconsistenti ed è per certo frutto di pura fantasia.
Mi piace affermare - anche sulla scia dell’attualissimo motto latino “repetita iuvant” (le cose ripetute giovano) - la personale convinzione che tante storielle del passato di autenticità ne hanno poca o niente. Sovente alcune non sono suffragate da un benché minimo elemento di prova; esse offrono pochissimi appigli per essere ritenute vere e assumono, per contro, contorni che sono propri di una farsa. Altre, per la verità, traggono origine da avvenimenti reali, da episodi comprovati da testimonianze non sempre attendibili, solo che, talvolta, la parte autentica è come il nocciolo di una ciliegia attorno al quale è stata imbastita una polpa, una montatura artificiosa e succulenta, una scenografia fatta di sfumature e di dettagli, articolati in maniera tale da conferire all’oggetto una veste nuova e gradevolissima. Capita sovente che determinati racconti siano il risultato di una manipolazione geniale quanto fantasiosa di avvenimenti che, nudi e crudi, non avrebbero motivo di suscitare alcun interesse.
 Quando sono elaborati, arricchiti, abbinati a figure del passato con specifiche caratteristiche, allora un certo interesse lo suscitano. E come!
E di chi è la mano che, per alcune storielle cittadine, ha operato innesti e ritocchi di geniale e pregevole fattura? Dei “soliti ignoti”, di coloro che di burle sono stati e sono abili maestri oltre che gran divulgatori. In alcuni casi, a un avvenimento di per sé curioso e originale, è stata – come si diceva poc’anzi - indicata come protagonista una persona del passato, assolutamente estranea alla vicenda; scelta e abbinata soltanto per avere avuto aspetto fisico o modo di agire calzanti col personaggio richiesto dal ... copione. Tutto fa brodo. E quando la pietanza è saporita, giustamente va fatta degustare. In parole povere - per quel che mi riguarda - bisogna metterla in... tavola, vale a dire: offrirla ai lettori.
Di alcune storielle l’originalità, la scenografia, le circostanze, l’intreccio ricco di battute esilaranti e di contorni che stimolano ilarità, invitano tutti a prenderle per quelle che sono e a cogliere da esse momenti di spensieratezza e di buonumore. Buttare tutto nel cestino non è proprio il caso: perché non offrire ai lettori almeno quel poco d’interessante e di gradevole che anche una “bufala” può contenere? Sovente anche il semplice fatto, depurato dei nomi dei presunti personaggi, va bene ugualmente, perché spassoso e geniale. In tal modo non si corre il rischio di mettere in berlina, per dabbenaggine o altro, concittadini citati quali protagonisti di autentiche arlecchinate.
Talune storielle, divertenti e curiose, vanno bene anche così, lasciando ai lettori la facoltà di credere oppure no alla loro autenticità, e rivolgendo loro l’invito a godersi qualche momento di piacevole distrazione dai quotidiani problemi che ciascuno si ritrova. Con questo spirito propongo degli aneddoti davvero strappa... risate, quasi tutti a metà strada tra realtà e invenzione. Demetrio Russo


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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari