
La lingua italiana, in modo particolare il
dialetto nicastrese, in alcuni suoi vocaboli e frasi offre il destro a doppi
sensi, a varie interpretazioni, spesso a equivoci dagli sviluppi divertenti.
Curioso è l’aneddoto - da persone di una certa età fatto risalire ad alcuni
lustri addietro - di cui sarebbero state protagoniste due persone residenti in
una zona collinare, a qualche chilometro da Lamezia Terme.
Una signora benestante, accorta nel curare
le sue cose e i propri interessi nonostante i pochi studi fatti in gioventù,
aveva venduto a un boscaiolo un faggeto ricevendo, a titolo di caparra, una
parte del denaro pattuito. Al termine del taglio dei tronchi e del loro
trasporto in una delle tante segherie operanti nel circondario, il boscaiolo
caricò sul proprio motocarro “Ape” della Fiat un certo quantitativo di
legna ricavata dai rami degli alberi abbattuti e si diresse verso l’abitazione
della proprietaria del terreno. Salì la rampa di scale esterna al fabbricato e
bussò al portoncino. Nell’attesa strofinò le scarpe infangate sullo zerbino,
per non sporcare il pavimento. La padrona di casa, che dalla finestra aveva
notato il mezzo con poca legna sul cassone, aprì la porta all’uomo che salutò
quasi con distacco per la delusione procuratale dalla vista di quei quattro
rametti di faggio a lei destinati ad alimentare il caminetto, la cucina e il
forno a legna, quelle volte che doveva panificare.
Fece accomodare l’uomo in cucina, gli
indicò una delle quattro sedie poste attorno ad un tavolo di legno massiccio
con sopra un portafiori in grezza ceramica. Poi, quasi contro voglia, prese da
uno stipo un bicchiere e lo posò davanti all’ospite; da una caraffa vi versò
del vino rosso, badando che la quantità di liquido non superasse di molto la
metà del bicchiere, che porse all’ospite. Indi anche lei si accomodò, occupando
la sedia di fronte all’uomo; storse il muso e attese il momento opportuno per
richiamare il boscaiolo al rispetto del contratto, nella parte riguardante la
fornitura di una certa quantità di legna per uso domestico.
Il commerciante, portato il bicchiere alle
labbra, rivolse avidamente lo sguardo sulla caraffa e subito dopo sulla padrona
di casa; tracannò il vermiglio nettare tutto di un fiato proprio per farle
capire che era appena un sorso. Posò il vetro accanto alla caraffa sperando in
un bis, ma l’attesa andò delusa. Fece buon viso a cattivo gioco e venne al
"dunque". Da una tasca interna della consunta giacca estrasse delle
banconote avvolte in un fazzoletto e, dopo averle contate una per una, le porse
alla donna dicendole: “O signora Marì, sùgnu vinùtu prìastu ccù ’n’Apùzza,
ppìmmu vi pùartu i sordi e li lìgna” (Donna
Maria, sono venuto subito con una piccola “Ape” per portarvi il denaro e la
legna).
La signora, che non conosceva la marca e
tanto meno il nome del mezzo, avendo notato gli indumenti dell’uomo
stropicciati e imbrattati di fango misto a piccole scaglie di legna, interpretò
la parola "n'apùzza" come "una puzza", anche
nella convinzione che il boscaiolo, non avendo avuto il tempo di cambiarsi
d'abito, stava giustificando il cattivo odore emanato. Giustamente lo scusò e
colse l’occasione per lanciare la frecciatina che aveva in serbo,
puntualizzando:
“Ppìlla pùzza ’un vi dati pinsìari,
ch’a dopo ìju ràpiru a finestra; vidìti ’mbèci ch’a lìgna, ch'i m’avìti
purtàtu,’’abbàsta sùlu pp’à vrascèra…!” (Per
la puzza non datevi pensiero, giacché dopo io aprirò la finestra; vedete
piuttosto che la legna, che mi avete portato, non è sufficiente neppure per il
braciere!).
Demetrio Russo
Nessun commento:
Posta un commento