3 - PADRE PIO E ... " MARCELLINO "



Durante un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo avvenuto un paio di lustri fa, ho appreso eventi prodigiosi, quantomeno “strani”, in cui sarebbero coinvolti dei compaesani in un meraviglioso rapporto col Santo di Pietrelcina. Voglio raccontarvi la bellissima storia, che ben s’incastona nel clima natalizio, con protagonista un ragazzino del Lametino, alunno delle scuole medie, legato sin dalla nascita a Padre Pio in un feeling del tutto particolare. Qualche dubbio sulla sua autenticità può sorgere in chiunque, specie quando si toccano tasti che appartengono al più impenetrabile dei misteri. In questi casi soltanto la fede riesce a dare corpo e attendibilità a certi eventi che fanno sgranare gli occhi di comprensibile stupore. Fatti che contengono degli “ingredienti” che non sono di questo mondo, bensì dell’... altro. E proprio per questa loro caratteristica suscitano meraviglia, emozioni, credulità, anche scetticismo, ma principalmente tantissima curiosità. Curiosità dalla quale prudenza consiglia di tenere lontano il piccolo protagonista, omettendone le generalità e altri particolari che possano permetterne l’identificazione. E ciò al fine di evitargli problemi di vario genere, a cominciare dal rapporto con i compagni di scuola. Tra l’altro, la delicatezza dell’argomento e le poche testimonianze rendono ancor più marcato il bisogno di riserbo.
Il nome Marcellino ovviamente è fittizio e la storia richiama alla mente il commovente film “Marcellino pane e vino” di oltre mezzo secolo fa e più volte proposto al cinema e in televisione. Nella finzione cinematografica il protagonista, interpretato da Pablito Calvo, si ritira spesso in soffitta per dialogare con il Crocefisso e offrire a Gesù, con amore infantile, quelle piccole cose, per esempio un tozzo di pane, sottratte innocentemente alla comunità di Cappuccini che l’hanno adottato. Il “Marcellino di Lamezia” ha invece un suo quotidiano rapporto, non dialogato, col Santo di Pietrelcina della cui costante protezione sarebbe ammantato; intervento … celeste concretatosi in almeno due circostanze, quando il piccolo ha rischiato tanto per la propria vita. Mi limiterò a riferirvi gli episodi segnati dalla “presenza” di Padre Pio, per come descritti dalla madre del bambino. Anche della donna ometto il nome per le anzidette ragioni.
Il cuore di San Pio non ha dimensioni, è incommensurabile. Il flusso di pellegrini a San Giovanni Rotondo, i “figli” sparsi in tutto il mondo, i gruppi di preghiera, le statue che lo rappresentano nelle chiese e in ogni angolo di strada, sono numeri eloquenti della Sua popolarità e devozione in tutto il mondo. I miracoli per Suo tramite sulle umane sventure cadono a pioggia. E chi può escludere che gli occhi di Padre Pio non si siano posati amorevolmente anche su Marcellino? Il Santo non si stanca mai di intercedere presso il Signore e di miracoli ne fa dispensare a piene mani su chi, tra i suoi bisognosi devoti, sa chiedere e pregare. Marcellino non ha chiesto nulla al Frate di Pietrelcina, del quale custodisce gelosamente, a guisa di un prezioso giocattolo, l’immagine contenuta in un quadretto. Era troppo piccolo perché pregasse e chiedesse la guarigione perché seriamente ammalato. L’hanno fatto per lui i genitori e i nonni, la cui devozione per San Pio è da diverso tempo consolidata. Questa la bellissima storia.
Il nostro Marcellino nasce con una malformazione al cuore: gli è diagnosticato il cosiddetto “canale arterioso di Botallo”, un'anomalia da sviluppo del muscolo cardiaco che provoca una mescolanza di sangue venoso e arterioso. Il pediatra informa i genitori che il problema nel giro di qualche anno potrebbe risolversi da solo con la crescita, caso contrario bisognerà intervenire chirurgicamente. Le cose per Marcellino non si mettono a posto, anzi peggiorano e così, all’età di tre anni, è sottoposto a un delicatissimo intervento in un ospedale piemontese. Due giorni prima dell’operazione il nonno materno, molto legato al piccolo, non riesce a prender sonno. Se ne sta nel letto pensieroso e preoccupato, con lo sguardo fisso nell’oscurità che lo circonda. A un certo punto compare nella stanza un frate con la barba. L’uomo, colto di sorpresa, domanda all’… intruso: “Chi sei, cosa vuoi, cosa fai qui?”. Quel frate, poco dopo riconosciuto per Padre Pio, non gli risponde, sorride, stende la mano destra e gli accarezza il capo, per poi svanire nel buio della stanzetta. “Che bellissimo sogno” bisbiglia rasserenato il nonno di Marcellino. E si addormenta.

La stessa notte in un’altra abitazione una comare vicina di casa fa uno strano sogno: davanti a lei un lungo corridoio nel quale, volgendole le spalle, cammina Marcellino tenuto per mano da un frate. Lo chiama a gran voce. Lui non sente e procede in quel corridoio senza fondo per poi entrare in una stanza, alla sua sinistra, sulla cui porta campeggia un cartello: “Sala operatoria”. Ore più tardi l’intervento chirurgico il cui esito riesce perfettamente. Giorni prima anche la nonna sogna Padre Pio che tiene in braccio il giovanissimo infermo. Il Santo le si rivolge, rassicurandola con queste parole: “E’ tutto a posto, tutto a posto”. In una successiva visita di controllo a Marcellino è riscontrata una semplice infiammazione al colon. Mesi dopo, accompagnato dalla mamma e dalla nonna, il piccolo completamente guarito si reca a San Giovanni Rotondo per ringraziare il Santo. I cancelli nella cripta sono aperti e lui s’infila tra la gente, inginocchiandosi accanto alla tomba con il viso tra le manine. I familiari sono ancora dietro, preceduti da alcuni pellegrini che, transitando accanto al piccolo, gli accarezzano il capo compiaciuti del suo comportamento davanti alle sacre spoglie. Sopraggiungono mamma e nonna nei pressi della tomba e la prima invita Marcellino ad alzarsi e a proseguire per non intralciare oltre il transito dei fedeli nell’angusto passaggio all’interno dell’inferriata. Lui si mette a piangere e così spiega la prolungata sosta: “Mammì, io volevo venir via ma quel frate del quadretto mi teneva la mano su una spalla e non mi faceva alzare”. Secondo episodio misterioso: è terminata da poco la processione religiosa alla quale il ragazzino ha preso parte con alcuni familiari. Sfuggito per un attimo all’attenzione della madre, Marcellino è investito da una macchina. Un signore, che nessuno dei presenti ricorda di aver mai visto prima, prende amorevolmente tra le braccia la creatura apparentemente senza vita. E, rivolgendosi ai suoi congiunti, li rassicura con poche parole: “E’ tutto a posto, tutto a posto... ”. La nonna trova quantomeno strana l’uniformità dei gesti e delle parole tra quello sconosciuto e San Pio apparsole in sogno sere prima. Poi si convince che è stato il Frate con le stimmate a prendersi ancora una volta cura del suo Marcellino.  Una bellissima storia e, soprattutto, una nuova testimonianza dell’incommensurabile grandiosità del Frate di Pietrelcina alla cui intercessione tanta gente quotidianamente si affida trovando spesso in Lui paterna e generosa disponibilità. à Demetrio Russo

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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari