16 - IL CAPPELLO DEL PRETE E LA TIRCHIERIA DEI FEDELI



Un anziano operaio del settore edile, tale Domenico V., avrebbe raccontato a un suo amico – la condizionale è d’obbligo, in assenza di prove certe o di testimonianze dirette – di essere stato co-protagonista, in età tra i dieci e i dodici anni, di un episodio davvero curioso. E’ da premettere, altresì, che l’attendibilità del suo amico, tramite il quale io sono venuto a conoscenza della storiella, non è da sottoscrivere a occhi bendati, trattandosi di persona allegra, scherzosa, dalla battuta facile e custode di tantissimi aneddoti, veri o inventati che siano. Per tali motivi è sempre valido il consiglio per i lettori di prendere la cosa con le classiche pinze. Mi limito, pertanto, al semplice fatto che è umoristicamente gustoso, lasciando al lettore la facoltà di credere se realmente accaduto oppure no.
La storiella in sé è di una banalità unica, tuttavia la battuta, che l’allora collaboratore ecclesiastico avrebbe udito dalle labbra del sacerdote, è uno “zuccherino”, gradevole verosimilmente al palato dei lettori. In uno di quei giorni festivi, dopo la celebrazione della sacra funzione, cosa sarebbe avvenuta? Il tutto è compendiato nella buffa, esilarante e geniale battuta attribuita al sacerdote di quella comunità montana, un anziano prete (omesse le generalità), il classico curato di campagna, subentrato da appena una settimana al defunto predecessore. Il nuovo parroco non aveva avuto ancora il tempo di conoscere bene le sue "pecorelle" e neppure l’arredo in dotazione alla parrocchia. Quella mattina, poco prima di celebrar messa, cercò inutilmente in sagrestia un cestino o qualcosa di simile per la questua. Senza scomporsi più di tanto, indicò al chierichetto il proprio cappello appeso a un chiodo, perché lo utilizzasse per la raccolta delle offerte.
Domenico, quando fu il momento, passò con quel contenitore di … fortuna tra le due file di panche, sulle quali avevano preso posto non più di sette otto persone, per lo più vecchietti. Quei fedeli, però, non scucirono neppure un soldo, un po’ per tirchieria e un po’ per le difficili condizioni economiche post-belliche in cui versavano quasi tutte le famiglie di quel piccolo centro, in pratica composte di contadini (proprietari di piccoli appezzamenti di terreno) con le rispettive mogli e numerosa prole a carico, da artigiani e operai dal lavoro in molti casi saltuario.
Al rientro in sagrestia, mentre si toglieva i sacri paramenti, il reverendo diede una sbirciatina all’interno del cappello, che il chierichetto teneva ancora nelle mani. Costatò che era vuoto. Ne rimase sorpreso e rabbuiato. Poi, animato da religiosa rassegnazione, con voce sommessa e un pizzico di moderato sarcasmo, prese il copricapo e nel riappenderlo al chiodo, commentò: “Meno male che è tornato indietro il cappello!”  Demetrio Russo 



Nessun commento:

Posta un commento

Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





FIORI MISTI - Storie di guerra e altro - disponibile su Amazon














Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari