
A scuola di birichinate gli studenti ne hanno combinate e
ne combinano di tutti i colori. Difficile stabilire se oggi più di ieri o
viceversa, nonostante il rapporto tra insegnanti e scolaresca in questi ultimi
tempi sia notevolmente cambiato nel senso che allora i primi, cioè i docenti,
in genere erano più severi, più rispettati e avevano nella penna (e,
talvolta, pure nelle mani) i mezzi per mettere i classici puntini sulla “i”
con chi era solito andare sopra le righe in termini di apprendimento, di
comportamento o di rispetto verso la classe insegnante; mentre oggi i professori devono muoversi -
come suole dirsi - con due piedi in una scarpa in fatto di rimproveri, di
provvedimenti disciplinari e di quanto possa ledere i … diritti del discepolo,
anche del più indisciplinato della classe!
Ne sa qualcosa un
preside di scuola media, da qualche anno in pensione, il quale ha avuto i suoi
problemi, addirittura legali, per aver usato maniere forti, frutto
dell’esasperazione, nei confronti di uno studente reo di essersi comportato da
“Pierino la peste” di notte in hotel nel corso di una gita scolastica. Si
potrebbe dedurre che gli studenti odierni, non incombendo più sul loro capo
quelle reprimende e quelle sanzioni disciplinari, siano oggi più
indisciplinati. In realtà la situazione non sta proprio in questi termini, anzi
…! Nel passato da parte del corpo insegnante era frequente il ricorso a
bocciature, a rinvii di materie nella sessione settembrina di riparazione, alle
temute note disciplinari e, in alcuni casi, addirittura all’espulsione dalla
scuola, nei confronti di alunni colpevoli di gravi mancanze. E non si trattava
di casi isolati!. In effetti, di marachelle - chiamiamole così - in quel
periodo se ne son viste di cotte e di crude, molte delle quali rimaste impunite
un po’ perché eseguite genialmente e senza alcuna traccia del responsabile, un
po’ anche per l’indulgenza e/o la mancanza di polso dell’insegnante. Sentite,
per esempio, cosa combinarono due liceali negli anni ’50, per come riferito da
un loro compagno di scuola, tale F. P., che ha preteso, per ovvie ragioni,
massimo riserbo sulla identità sua e dei protagonisti.
Primo episodio attribuito ad A. M., oggi maturo pensionato
con qualche acciacco sulle spalle e, in quegli anni, giovane simpaticissimo,
schietto, dotato di inventiva e tutt'altro che sgobbone. Nella sua e in altre
classi gli studenti bravi, sotto il profilo dello studio, si potevano contare
sulle dita di una mano; la gran massa, invece, navigava sulla mediocrità, non
certamente per mancanza di intelligenza, bensì di buona volontà. L’esuberanza e
la spensieratezza dell’età suggerivano ad alcuni di loro delle distrazioni
spesso sopra le righe e Michele (nome di fantasia), sotto questo aspetto, non
era secondo a nessuno. Nella sua sezione non vi erano tanti stinchi di santo.
Non lo era soprattutto lui, considerato il “mattacchione” della classe: poca
voglia di studiare, tanta intelligenza e tanta fantasia nel cercare vicoli e mezzucci che gli consentissero di rimediare il
minimo indispensabile per “sopravvivere”, scolasticamente parlando. Ricorreva
talvolta a delle trovate impensabili quanto geniali, che l’ex compagno di
scuola descrive con una punta di compiacimento, quasi di ammirazione. Nella
sezione liceale, di cui A. M. faceva parte, insegnava matematica e fisica un
professore del Vibonese: uno spilungone buono come il pane, pacifico,
bonaccione, si direbbe quasi un “fessacchiotto”; però abbastanza preparato
nelle materie d’insegnamento. Alcuni studenti - e tra essi Michele - gliene
combinavano di tutti i colori e mai che si fosse incavolato o avesse preso
opportuni provvedimenti. Un giorno, tanto per raccontarne qualcuna, il
fantasioso “Pierino”, sapendo che prima o poi sarebbe stato interrogato per
l’imminente chiusura del trimestre, cosa si inventò per evitare di accostarsi
alla cattedra col rischio di un bel "due" in pagella e avere invece
un bel voto in matematica? Cogliendo l’occasione del giorno di riposo del
professore, chiese all’insegnante di turno il permesso di andare in bagno. Una
volta fuori dall’aula, raggiunse la bidella seduta in un angolo del corridoio e
riuscì a distrarla il tempo necessario per introdursi furtivamente nella
sala-docenti, in quel momento vuota. Prese il registro che gli premeva e si
assegnò un bel 7, ovviamente con data precedente e relativa alla penultima
lezione in classe di quella materia. Rimise ogni cosa a suo posto e rientrò in
aula.
Due giorni dopo il professore di matematica,
impegnato nella classe di Michele, decise di effettuare delle interrogazioni e,
guardando verso la scolaresca, disse: “Vediamo
un po’ chi interrogare questa mattina”. Mosse lo sguardo da un banco
all'altro, fermandosi poco dopo su quello in cui era seduto il nostro
"Pierino" invitandolo a raggiungere la cattedra. Lo studente,
alzatosi in piedi e senza muoversi dal banco, si mostrò riluttante e, con tono
quasi seccato, ne spiegò le ragioni: “Scusate professò …, ma sempre me
interrogate? Lo sono stato appena la settimana scorsa. Vi ricordo che quel
giorno vi siete finanche complimentato perché ho risposto bene a tutte le
domande.” “Per la verità -
replicò il docente, che in quanto a memoria non brillava evidentemente molto - non lo rammento. Fammi
controllare”.
E, riscontrato il voto nell’apposita casella del registro,
concluse: “Hai ragione, me
n’ero proprio dimenticato. Siediti pure, chiamerò qualche altro”. E volse lo sguardo su altri banchi,
mentre Michele si rimetteva a sedere strizzando l'occhio al compagno di banco.
* * *
Del secondo episodio è stato protagonista Totò M., noto
dirigente d’azienda in pensione, il quale una mattina durante l’ora di
matematica, volendo dar prova ai compagni di non temere reazioni punitive da
parte del professore, inscenò la sua bravata: tirò da sotto il banco, situato
in coda ad una fila, la borsa con l’occorrente per la colazione. Stese un
tovagliolo sul piano ribaltabile, vi depose mezzo filone di pane con del
companatico, una bottiglia di vino e relativo bicchiere. Subito dopo si mise
tranquillamente a consumare quelle vivande, fregandosene di tutto e di tutti,
compreso il professore che stava tenendo lezione alla classe. Il docente,
notata l’insolita scena, chiese spiegazioni a Totò, il quale si giustificò
così: “Vi chiedo scusa se
faccio colazione in classe, ma mi sono svegliato tardi e non ho fatto in tempo
a farla prima”. E, riempito
il bicchiere, lo offrì gentilmente al professore che commentò: “No, grazie. Io la colazione l’ho
già fatta. Continua pure, ma senza disturbare …!”. Demetrio Russo
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