29 - PER UN BEL VOTO, POCO STUDIO E TANTO...INGEGNO



A scuola di birichinate gli studenti ne hanno combinate e ne combinano di tutti i colori. Difficile stabilire se oggi più di ieri o viceversa, nonostante il rapporto tra insegnanti e scolaresca in questi ultimi tempi sia notevolmente cambiato nel senso che allora i primi, cioè i docenti, in genere erano più severi, più rispettati e avevano nella penna (e, talvolta, pure nelle mani) i mezzi per mettere i classici puntini sulla “i” con chi era solito andare sopra le righe in termini di  apprendimento, di comportamento o di rispetto verso la classe insegnante;  mentre oggi i professori devono muoversi - come suole dirsi - con due piedi in una scarpa in fatto di rimproveri, di provvedimenti disciplinari e di quanto possa ledere i … diritti del discepolo, anche del più indisciplinato della classe!
 Ne sa qualcosa un preside di scuola media, da qualche anno in pensione, il quale ha avuto i suoi problemi, addirittura legali, per aver usato maniere forti, frutto dell’esasperazione, nei confronti di uno studente reo di essersi comportato da “Pierino la peste” di notte in hotel nel corso di una gita scolastica. Si potrebbe dedurre che gli studenti odierni, non incombendo più sul loro capo quelle reprimende e quelle sanzioni disciplinari, siano oggi più indisciplinati. In realtà la situazione non sta proprio in questi termini, anzi …! Nel passato da parte del corpo insegnante era frequente il ricorso a bocciature, a rinvii di materie nella sessione settembrina di riparazione, alle temute note disciplinari e, in alcuni casi, addirittura all’espulsione dalla scuola, nei confronti di alunni colpevoli di gravi mancanze. E non si trattava di casi isolati!. In effetti, di marachelle - chiamiamole così - in quel periodo se ne son viste di cotte e di crude, molte delle quali rimaste impunite un po’ perché eseguite genialmente e senza alcuna traccia del responsabile, un po’ anche per l’indulgenza e/o la mancanza di polso dell’insegnante. Sentite, per esempio, cosa combinarono due liceali negli anni ’50, per come riferito da un loro compagno di scuola, tale F. P., che ha preteso, per ovvie ragioni, massimo riserbo sulla identità sua e dei protagonisti.
Primo episodio attribuito ad A. M., oggi maturo pensionato con qualche acciacco sulle spalle e, in quegli anni, giovane simpaticissimo, schietto, dotato di inventiva e tutt'altro che sgobbone. Nella sua e in altre classi gli studenti bravi, sotto il profilo dello studio, si potevano contare sulle dita di una mano; la gran massa, invece, navigava sulla mediocrità, non certamente per mancanza di intelligenza, bensì di buona volontà. L’esuberanza e la spensieratezza dell’età suggerivano ad alcuni di loro delle distrazioni spesso sopra le righe e Michele (nome di fantasia), sotto questo aspetto, non era secondo a nessuno. Nella sua sezione non vi erano tanti stinchi di santo. Non lo era soprattutto lui, considerato il “mattacchione” della classe: poca voglia di studiare, tanta intelligenza e tanta fantasia nel cercare vicoli e mezzucci che gli consentissero di rimediare il minimo indispensabile per “sopravvivere”, scolasticamente parlando. Ricorreva talvolta a delle trovate impensabili quanto geniali, che l’ex compagno di scuola descrive con una punta di compiacimento, quasi di ammirazione. Nella sezione liceale, di cui A. M. faceva parte, insegnava matematica e fisica un professore del Vibonese: uno spilungone buono come il pane, pacifico, bonaccione, si direbbe quasi un “fessacchiotto”; però abbastanza preparato nelle materie d’insegnamento. Alcuni studenti - e tra essi Michele - gliene combinavano di tutti i colori e mai che si fosse incavolato o avesse preso opportuni provvedimenti. Un giorno, tanto per raccontarne qualcuna, il fantasioso “Pierino”, sapendo che prima o poi sarebbe stato interrogato per l’imminente chiusura del trimestre, cosa si inventò per evitare di accostarsi alla cattedra col rischio di un bel "due" in pagella e avere invece un bel voto in matematica? Cogliendo l’occasione del giorno di riposo del professore, chiese all’insegnante di turno il permesso di andare in bagno. Una volta fuori dall’aula, raggiunse la bidella seduta in un angolo del corridoio e riuscì a distrarla il tempo necessario per introdursi furtivamente nella sala-docenti, in quel momento vuota. Prese il registro che gli premeva e si assegnò un bel 7, ovviamente con data precedente e relativa alla penultima lezione in classe di quella materia. Rimise ogni cosa a suo posto e rientrò in aula. 
Due giorni dopo  il professore di matematica, impegnato nella classe di Michele, decise di effettuare delle interrogazioni e, guardando verso la scolaresca, disse: “Vediamo un po’ chi interrogare questa mattina”. Mosse lo sguardo da un banco all'altro, fermandosi poco dopo su quello in cui era seduto il nostro "Pierino" invitandolo a raggiungere la cattedra. Lo studente, alzatosi in piedi e senza muoversi dal banco, si mostrò riluttante e, con tono quasi seccato, ne spiegò le ragioni: “Scusate professò …, ma sempre me interrogate? Lo sono stato appena la settimana scorsa. Vi ricordo che quel giorno vi siete finanche complimentato perché ho risposto bene a tutte le domande.” “Per la verità - replicò il docente, che in quanto a memoria non brillava evidentemente molto - non lo rammento. Fammi controllare”. 
E, riscontrato il voto nell’apposita casella del registro, concluse: “Hai ragione, me n’ero proprio dimenticato. Siediti pure, chiamerò qualche altro”. E volse lo sguardo su altri banchi, mentre Michele si rimetteva a sedere strizzando l'occhio al compagno di banco.
* * *
Del secondo episodio è stato protagonista Totò M., noto dirigente d’azienda in pensione, il quale una mattina durante l’ora di matematica, volendo dar prova ai compagni di non temere reazioni punitive da parte del professore, inscenò la sua bravata: tirò da sotto il banco, situato in coda ad una fila, la borsa con l’occorrente per la colazione. Stese un tovagliolo sul piano ribaltabile, vi depose mezzo filone di pane con del companatico, una bottiglia di vino e relativo bicchiere. Subito dopo si mise tranquillamente a consumare quelle vivande, fregandosene di tutto e di tutti, compreso il professore che stava tenendo lezione alla classe. Il docente, notata l’insolita scena, chiese spiegazioni a Totò, il quale si giustificò così: “Vi chiedo scusa se faccio colazione in classe, ma mi sono svegliato tardi e non ho fatto in tempo a farla prima”. E, riempito il bicchiere, lo offrì gentilmente al professore che commentò: “No, grazie. Io la colazione l’ho già fatta. Continua pure, ma senza disturbare …!”.  Demetrio Russo


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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari