
Tanti anni addietro la titolarità di una farmacia, in un
centro del Lametino, è passata di mano e il nuovo proprietario, proveniente da
altro Comune, nei primi tempi faceva il pendolare in quasi tutti i week-end.
Qualche lettore potrebbe ritenere di individuare in un noto farmacista locale
il personaggio dell’aneddoto in questione, ma sarà certamente fuori strada. La
verità porta a ben altri... lidi, cioè a uno dei paesi lungo la tratta ferrata
S. Eufemia Lamezia - Catanzaro Lido. Comunque, torniamo al fatto. Quando non
era di turno il sabato o la domenica, prendeva il treno il venerdì sera per
trascorrere in famiglia i due giorni di riposo. La mattina di lunedì era
puntuale sul posto di lavoro per l’ora di apertura della farmacia. Nell’altro
caso, vale a dire quando era di turno il sabato o la domenica, si tratteneva
nella nuova sede due settimane consecutive, al termine delle quali rientrava al
paese d’origine, con un bagaglio ben più pesante. Difatti, riportava a casa un
maggiore quantitativo di effetti personali e pure vari acquisti per i
familiari. In occasione di un rientro dopo quindici giorni di operatività,
avendo con sé una valigia di non trascurabile peso, la sera di venerdì decise
di anticipare di qualche minuto la chiusura dell’esercizio per non correre il
rischio di perdere il treno. Posò il bagaglio sul gradino d’ingresso della
farmacia e si accinse ad abbassare la saracinesca. Agiva in fretta, sapendo di
dover raggiungere a piedi la stazione ferroviaria che non era proprio a due
passi. E con quel peso da portarsi dietro!
Mentre procedeva alla chiusura, si presentò a lui un giovane operaio, ben messo in carne, di nome Domenico, con abitazione in un quartiere periferico. Questi, un po’ contrariato per non essere giunto in tempo e, in preda a una certa agitazione, rivolse al farmacista la seguente preghiera:
- “Dottò, dottò…’ppi piacìri aspittàti 'nu pocu: ’un chiudìti ch'a m’abbisògnanu certi pìnnuli chi m’ha ordinàtu ’u mìadicu.” (Dottore, per piacere aspettate un momento, non chiudete. Ho necessità di alcune pillole ordinatemi dal medico).
Mentre procedeva alla chiusura, si presentò a lui un giovane operaio, ben messo in carne, di nome Domenico, con abitazione in un quartiere periferico. Questi, un po’ contrariato per non essere giunto in tempo e, in preda a una certa agitazione, rivolse al farmacista la seguente preghiera:
- “Dottò, dottò…’ppi piacìri aspittàti 'nu pocu: ’un chiudìti ch'a m’abbisògnanu certi pìnnuli chi m’ha ordinàtu ’u mìadicu.” (Dottore, per piacere aspettate un momento, non chiudete. Ho necessità di alcune pillole ordinatemi dal medico).
Il farmacista, ancora piegato sulle ginocchia e nelle mani
un robusto catenaccio che stava per infilare negli appositi anelli, girò la
testa verso di lui e, con un tono di voce e un’espressione del viso che
lasciavano trasparire un certo disappunto per l’imprevisto contrattempo, chiese
in rapida sequenza, come una raffica di mitra:
“Che pillole sono? Di cosa soffri? Per cosa ti servono?
Sono proprio urgenti?”. Il giovanotto
tolse dal taschino della camicia la ricetta piegata in quattro; la dispiegò, la
porse con mano esitante al medico, accompagnando il gesto con parole tese a
chiarire i suoi problemi e, nello stesso tempo, a suscitare comprensione e, di
conseguenza, a ottenere la riapertura della farmacia per il prelievo delle
medicine prescrittegli dal medico curante. Con tono supplichevole precisò: “Dottò, sùgnu trùappu grassu; avèra
’i dimagrìri e lu mìadicu m’ha ordinatu 'sti pìnnuli ’ppì sudàri. Nd’haju ‘i
pigghjiàri una ’a sìra e ’n’àutra ’a matìna, a cuminciàri ’i stasìra.” (Sono troppo grasso e devo dimagrire.
Il medico mi ha ordinato pillole per sudare, da prendere due al giorno, mattina
e sera, cominciando da stasera).
Il farmacista diede un fugace sguardo alla ricetta e si
rese conto che la cosa non era poi così urgente; urgente invece era che lui si
avviasse verso la stazione e non perdesse altro tempo. All’arrivo del treno e
alla sua immediata ripartenza mancava davvero poco. Si tranquillizzò un pochino
e riprese le operazioni di chiusura sotto lo sguardo palesemente deluso e
preoccupato del giovane. Poi si rivolse al “malato” e disse con ritrovata
giusta cadenza:
“Per le medicine puoi venire tranquillamente lunedì mattina, non c’è
urgenza. Per stasera, magari, sai cosa puoi fare? Aiutami a portare questa
valigia alla stazione...!”. Demetrio
Russo
Gradevolissimo aneddoto. Davvero bravo il giornalista. Antonio P.
RispondiEliminaRingraziamenti al lettore Antonio P. per il gradimento avuto nel leggere la storiella sopra descritta. Spero risultino gradevoli a lui e agli altri lettori le amenità in elenco a lato.
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