04 - NICOLA ROCCA, gioielliere



Nicastro può, senza dubbio alcuno, menar vanto di avere avuto in passato, sia nel commercio sia nell’artigianato come pure in altri settori, delle figure che hanno lasciato un’impronta indelebile nella memoria di quanti hanno avuto modo di conoscerle, anche semplicemente di vista, di apprezzarne la signorilità e il carisma e di ricordarle per quel particolarissimo modo di fare e/o di esprimersi. E’ da ritenere, infatti, che tanti nicastresi, persino quelle persone dei centri vicini che all’epoca frequentarono la città della Piana per studio o per altri motivi, ancora viventi, appena sentiranno il nome di chi ha avuto una certa visibilità e notorietà, andranno automaticamente con la mente ai quei tempi rispolverando – magari con qualche rimpianto e compiacimento - episodi, battute di spirito e immagini dai contorni ben delineati. Come in un replay rivedranno nella memoria il personaggio e il suo ambiente messi straordinariamente a fuoco e riosservati come se “in diretta”. In tal modo ciascuno di quei testimoni rivivrà scene di vita quotidiana con aneddoti curiosi, battute gustosissime e personaggi, più e meno simpatici, abbastanza noti in tutto il circondario.
La storia locale, come ricorderanno sicuramente diversi Lametini, è ricca di figure che acquisirono particolare notorietà tanto per l’attività svolta, quanto anche perché si resero protagoniste di battute o gesti comportamentali che li caratterizzarono. Tra costoro c’è un personaggio del passato che in certo senso ha fatto e fa storia (locale, ovviamente) per la signorilità, la correttezza e la disponibilità dimostrate nei suoi giornalieri contatti di lavoro. Immagine che rispolvera piacevoli ricordi e suscita valutazioni ed espressioni di grande ammirazione in tutti quelli che hanno avuto occasione di entrare nel suo negozio o anche semplicemente di averlo visto davanti alla sua vetrina.
Mi riferisco a Don Nicola Rocca, titolare di una gioielleria di primaria importanza, in Corso Numistrano, ora gestita da nipoti. Uomo stimato e rispettato da tutti; particolarmente simpatico alle persone amiche o conoscenti per l’humour e le geniali battute che solitamente egli faceva cadere, come cacio sui maccheroni, nel corso di dialoghi con amici e, talvolta, anche con i clienti. Era un assiduo lettore del settimanale locale in dialetto nicastrese, “A Sbumba”, che trattava in maniera splendida tradizioni e usi locali, non disdegnando, altresì, di attaccare con pungente ironia comportamenti censurabili e malefatte di politici di ogni colore e bandiera. Don Nicola, e come lui tanti altri, declamava spesso i tre versi introduttivi di quel satirico giornalino adattandoli, spesso in maniera buffa ma sempre in rima, a chiunque tra le persone conosciute si trovasse a passare davanti alla gioielleria. Un esempio: quel modo di salutare, in tono affettuoso, i membri della famiglia Pandolfo, proprietaria di una rinomata fabbrica di fuochi d’artificio: “Curri Pandorfu e spara cchiù sbumbi chi 'ndi pùa; e spara puru d’Ariella, mu tremanu 'i casi di la Bella” (Corri Pandolfo e fai esplodere mortaretti in quantità tale da far tremare le case della frazione Bella).
Questo era il signor Nicola Rocca, un autentico e simpaticissimo personaggio. Di lui voglio raccontare un curioso aneddoto che fa meglio risaltare quelle sue qualità caratteriali. La storiella mi è stata riferita tempo fa da un attendibilissimo amico del gioielliere, da qualche tempo deceduto. Nessuna prova per convalidarne la testimonianza. Tuttavia quell’esilarante battuta finale, attribuita a Don Nicola, non nuovo a simili “uscite”, poteva essere benissimo …. farina del suo sacco, perché no!
Il fatto. Un certo Fazio, originario di Feroleto Antico o Serrastretta, una mattina si reca nella gioielleria per acquistare un anello importante da regalare alla ragazza in occasione dell’imminente fidanzamento ufficiale. Il signor Rocca cava fuori dalla cassaforte un capace contenitore di tela color blu e lo srotola sul bancone.
- “Guardatìlli e vidi chìllu chi ti servi” (Guardali e scegli quello che ti serve), dice al giovanotto guardandolo da sopra le sue piccole lenti bivalenti calate in punta di naso. Dopo averne selezionati alcuni, il giovane prende in mano l’anello che, a parer suo, avrebbe incontrato il gradimento della fidanzata. Lo porge al commerciante e ne domanda il prezzo. L’orefice pone il cerchietto in oro massiccio sul bilancino e, fatti risalire gli occhiali per vedere meglio, determina il peso e il costo del prezioso gioiello. Abbassa nuovamente le lenti e, rivolto al giovane, risponde:
- “Chìstu, caru mìu, ti vèni supra i dua miliùni.” (Questo, mio caro ti costa intorno ai due milioni di lire).Fazio, sorpreso e deluso per l’importo, ritenuto eccessivo rispetto alle proprie disponibilità e alla cifra preventivata per il regalo, non aggiunge parola. Si limita a emettere un prolungato fischio per esprimere stupore e nel contempo cura di rimettere a posto quel costoso oggetto. Don Nicola, da navigato commerciante, non muove bocca. Attende che il cliente faccia un’altra scelta e acquisti qualcosa.
Il giovane passa a rimirare gli altri tre-quattro anelli selezionati in precedenza. La sua attenzione è attratta dalla particolare luminosità di uno di essi piuttosto sottile, molto semplice e con una pietra iridescente in testa. Domanda timidamente e con tono speranzoso:
-“E 'ppi chìstu quanti sordi ci vònu?” (e per quest’altro, quanto denaro occorre?). L’orefice, che conosce perfettamente il valore di quell’anello con brillante, storce appena il muso e non ritiene di dover pesare quel gioiello. Volge un secondo sguardo al giovane, rimasto in fiduciosa attesa e, senza pensarci su, libera una delle sue geniali battute.
-“Custa cchiù caru 'i chìllu, ’ppì chìssu ci vònu dua friscàti ...” (Costa più del primo, per questo ci vogliono due fischi), gli ribatte, adeguandosi brillantemente all’iniziale commento ... sonoro del delusissimo giovanotto. à Demetrio Russo


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Note sull'autore
DEMETRIO RUSSO - Pubblicista, Direttore di Banca in pensione
Tel. 0968.442206 - (rudeme@alice.it)
88046 LAMEZIA TERME
Corrispondente sportivo da Lamezia Terme della “Gazzetta del Sud” di Messina, dal 1958 al 1994. Ha trasmesso servizi a vari quotidiani, in occasione d’importanti manifestazioni ospitate in città e nel circondario, quali: incontri internazionali di pugilato, tornei di basket e di pallavolo, “europei” di biliardo, soste e allenamenti infrasettimanali di squadre di calcio di serie A e B, alla vigilia di rispettivi impegni di campionato. Dal 2005 sul periodico locale “Storicittà” cura una sua rubrica, dal titolo “Personaggi nostrani tra storia e umorismo”, in cui traccia un profilo biografico di quei Lametini del passato, più o meno recente, protagonisti di storielle e aneddoti curiosi. Alcuni anni addietro, su esplicita richiesta dell’imprenditore Domenico Fazzari, ha raccontato in un libro la drammatica prigionia e la tragica fine (21 aprile 1945) del fratello Giuseppe avvenute in Germania, durante la II guerra mondiale. Fatti e circostanze dei drammatici momenti, vissuti dallo sfortunato caporalmaggiore in un campo di prigionia tedesco, sono stati attinti dal diario che lo sfortunato militare ha vergato nei due anni trascorsi in quell’inferno. Altri particolari, come il tragico decesso del giovane, centrato in pieno petto da una granata, sono stati riferiti al pubblicista da un altro suo fratello, il commerciante Vincenzo.
Il drammatico racconto è riproposto nel libro "FIORI MISTI" e, a sinistra, nell'elenco "Storie e Storielle” sotto il titolo: Diario e morte di un prigioniero.
***L’autore, Demetrio Russo, è coniugato con l’ins. Francesca Diaco, dalla quale ha avuto quattro figli e da questi sei nipoti. A loro la dedica dei libri.





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Il Caporalmaggiore Giuseppe Fazzari