
E’ difficile trovare persona che riconosca
di avere torto. Ognuno espone le sue ragioni, la propria verità e, alla fine,
vien fuori che il torto l’hanno sempre gli altri; in altre parole, nessuno. La
storiella, che da qualche tempo circola in città, n’è in certo senso una
conferma. Si racconta che due famiglie, imparentate tra loro, da alcuni anni
con la classica mosca al naso, per non dire in pessimi rapporti per questioni
d’interesse, si rivolgono – separatamente e a distanza di qualche giorno - a un
magistrato in pensione e loro comune parente.
Un anziano contadino (nome immaginario
Pasquale), esponente di una delle due famiglie, una domenica mattina, dopo aver
assistito – com’era solito fare nei giorni festivi - alla Santa Messa nella
chiesetta del piccolo centro abitato nella pre-Sila catanzarese, si reca in
casa del giudice, portando in dono “’na cullùra ’i sazìzzu” (della
salsiccia) e mezza dozzina d’uova fresche, raccolte poco prima nel piccolo
pollaio adiacente alla propria abitazione. Accolto in cucina dai padroni di
casa, spiega al magistrato, presente uno dei figli, il motivo della visita. Gli
espone, con dovizia di particolari, i fatti riguardanti il contenzioso con i
cugini Giuseppe e Caterina, nomi anche essi immaginari.
Al termine del colloquio, il magistrato
congeda il contadino con queste rassicuranti parole: “Non ti preoccupare, tu
hai ragione da vendere. I nostri parenti sbagliano di grosso ad agire così nei
tuoi confronti. Nel caso la lite si dovesse dirimere in Tribunale, tu l’avrai
sicuramente vinta”. E
Pasquale, compiaciuto e gongolante, si chiude la porta alle spalle e si dirige
verso casa, ansioso di riferire ai propri familiari la favorevole … sentenza.
La domenica successiva, il cugino Giuseppe, titolare di una modesta
falegnameria, in seguito al suggerimento della moglie Caterina, decide di
rivolgersi per un parere allo stesso giudice, suo lontano parente. Indossato
l’abito festivo e afferrato nell’adiacente bottega uno sgabello ben rifinito da
portare in dono (da diverso tempo lo aveva promesso alla moglie del
magistrato), esce da casa e va a fargli visita.
Racconta a questi la sua verità sui fatti
per i quali da qualche tempo si sono incrinati i rapporti con la famiglia del
cugino Pasquale. Anche Giuseppe non lesina particolari e sfumature per rendere
più sostanziosa la sua verità. Il magistrato, dopo aver prestato ascolto –
apparentemente con grande interesse – alla relazione dell’ospite, lo licenzia
cordialmente dicendogli: “Caro Giuseppe, la ragione è dalla tua parte, va
tranquillo e non preoccuparti minimamente. Il tempo ti darà ragione”.
Uscito il falegname, il figlio del magistrato che ha assistito alle
conversazioni del papà con entrambi i parenti, osserva stupito:
-“Papà, sbaglio o la settimana scorsa
hai dato pure ragione a Pasquale?”. E
subito aggiunge:-“Com’è possibile che l'uno e l'altro siano dalla parte del
giusto! Hai sempre sostenuto che in ogni lite uno ha ragione e l’altro torto...
”.Il giudice, abbozzato un mezzo sorriso a fior di labbra e data
un’affettuosa pacca sulle spalle del giovane, chiude la querelle con un
salomonico “Hai ragione pure tu”. Demetrio Russo
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