
Negli anni ’50 prestava servizio presso il Liceo-Ginnasio
“Francesco Fiorentino”, ospitato nell’ex chiostro S. Domenico, un anziano bidello,
la cui semplicità e bontà d’animo erano apprezzate da chi ha avuto modo di
conoscerlo e, soprattutto, di frequentarlo. Era riverito e rispettato da tutti,
sia dal corpo insegnante e sia dagli studenti, tant’è che chiunque parlasse con
lui o anche di lui con altri, gli si dava del “voi” e il nome era sempre
preceduto da “Don”, prerogativa riservata solitamente a persone degne di grande
rispetto o di nobile casato. E non sono certamente pochi coloro che lo
ricordano abbastanza bene, oltre naturalmente a chi allora (ci si riferisce a
circa mezzo secolo fa) ha compiuto gli studi di scuola media superiore in
quell’istituto e ha avuto tantissime occasioni per conoscerlo e apprezzarne le
grandi doti umane. Il fisico, gli dava qualche problema e non era esente da
acciacchi di vario genere dovuti in parte all’età e che sopportava con dignità,
senza mai lamentarsene. Anche in fatto di memoria accusava di tanto in tanto
qualche colpo.
Qualcuno rammenta un curiosissimo episodio, di cui il
bidello sarebbe stato protagonista. Uso il condizionale giacché la storiella,
che disconoscevo, mi è stata riferita da persona credibile fino ad un certo
punto perché spiritosa, in poche parole il classico mattacchione. Si racconta
che una mattina il preside, colto da un forte acquazzone nell’uscire di casa,
tornò frettolosamente sui suoi passi per prendere l’ombrello. Per quanto avesse
cercato, non lo trovò. Rammentando che un paio di giorni prima era piovuto e
ipotizzando di averlo lasciato a scuola, nel suo ufficio o nella stanza dei
professori, telefonò in segreteria e chiese di parlare col bidello in
questione.
Riconosciutane la voce, il capo dell’Istituto disse:
-“O don Nicò (nome
di fantasia) sono io,
il preside. Fatemi una cortesia: andate a vedere nella mia stanza se per caso
ho lasciato lì l’ombrello”.
Il bidello, posata la cornetta senza riagganciarla, si
premurò di guardare in ogni angolo dello studio e pure nella sala dei docenti.
Poco dopo tornò al telefono, avendo in mano un parapioggia rinvenuto in un
angolino della sala dei professori. Nel dubbio che potesse appartenere ad
altri, riprese in mano la cornetta e sollevando l’ombrello ad altezza della
bocca, domandò:
-“Signor Preside, fùssi chìstu?” (Signor Preside, per caso è questo?). Demetrio Russo
Nessun commento:
Posta un commento