
Un assiduo lettore della presente rubrica mi ha
recentemente riferito che nel suo paese di origine, nel catanzarese, diversi
lustri addietro viveva un ex militare della prima guerra mondiale, tale Luigi
P. (un minimo di riserbo non guasta), il quale, da autentico mitomane e
millantatore quale era, vantava di aver conosciuto, quando era sotto le armi,
personalmente il Re e di avere mantenuto buoni rapporti con lui. Questo e altro
egli lasciava credere a tanti sempliciotti del paese, approfittando del diffuso
analfabetismo e del fatto che molti compaesani non avevano mai varcato i
confini del piccolo centro abitato, per cui al di là della punta del loro naso
non avevano visto e sentito cosa. Un anziano contadino, vicino di casa e vero
"grullo" da ... bere tutte le bufale anche le più lapalissiane,
ascoltava con stupore e ammirazione quanto usciva dalla bocca di Luigi, cui non
difettavano certamente una buona parlantina (aveva, tra l’altro, frequentato il
primo triennio di scuole elementari) e una capacità di convincimento
sorprendente. Un giorno, non avendo ricevuto alcun esito riguardo alla domanda
di pensionamento presentata da qualche tempo, il contadino pensò bene di
rivolgersi all’amico Luigi perché intervenisse presso le sue “conoscenze” per
il sollecito della pratica. L’ex militare, mostrando di prendere a cuore la
richiesta dell’ospite, senza pensarci sopra un solo istante, compilò il
seguente telegramma:
“Re - Roma. Sbriga ’a pratica d'amicu mio...........F.to
Luigi P.”-
Nei giorni successivi il postino consegnò due missive: una
al contadino e l’altra all’ex militare. Nella prima si comunicava che dall’ufficio
competente la pratica era stata favorevolmente esaminata (pura coincidenza con
il … sollecito), per cui l’interessato ritenne doveroso correre dall’amico per
complimentarsi con lui dei “reali agganci” e ringraziarlo dell’interessamento.
Luigi, sbirciando da dietro le tendine della finestra per
vedere chi stava bussando alla porta, riconobbe l’amico che aveva una busta
stropicciata nelle mani e che sprizzava gioia da tutti i pori. Conoscendo le
ragioni della visita, gli sviluppi del tema ovviamente no, prima di aprire
l’uscio mise frettolosamente in tasca l’avviso ricevuto da poco tempo dal
postino e nel quale erano riportate due sole parole: “Destinatario
sconosciuto”. Accolse con le abituali cerimonie il contadino per poi
prestargli orecchio e conoscere nei dettagli il motivo della venuta. Appreso
che la pratica era stata esaminata e trasmessa all’ufficio competente per
l’erogazione, rispolverò l'innata spavalderia e commentò con enfasi:
“Cumpà, quandu vònu e pònu, fànu chjiòvari e nivicàri.
Si 'unn’era ppi mmìa e ’a micìzzia ccùllu Rrè, a vògghjia m’aspittàvavu ’a
pinsiòni …!” (Mio caro
compare, quando uno vuole e può, fa piovere e nevicare. Se non fosse stato per
me e per i miei rapporti con il Re, chissà quanto avreste dovuto attendere per
la pensione …!)
* * *
A proposito
di teste coronate. Vittorio Emanuele III nel lontano 1905, nel mese di
settembre, fece visita a Martirano per rendersi conto della situazione e
portare conforto ai disastrati colpiti duramente dal sisma che giorni prima,
precisamente l’otto, distrusse la ridente cittadina catanzarese e causò la
morte di una ventina di persone. Non c’erano strade per raggiungere il posto
con i mezzi meccanici a quell’epoca in uso e si dovette far ricorso ad animali
da sella. Il Re, a dorso di una mula tenuta per le redini dal proprietario, un
boscaiolo del luogo, s’inerpicò per gli erti viottoli, seguito da dignitari e
uomini di governo. Dopo essersi trattenuto per qualche tempo sul posto, tra le
macerie, e aver discusso sul da farsi con personalità e responsabili della
ricostruzione, si apprestò a ripercorrere l’impervio viottolo, sempre in groppa
all’animale, per la circostanza agghindato con copertina damascata sotto il
basto e nastri multicolori con campanellini fissati ai finimenti.
Il mulattiere, un uomo avvezzo ai difficili percorsi
montani, conosceva bene l’indole dell’animale e giustamente si permise, nel suo
gergo nudo e crudo, di dare qualche consiglio a sua maestà per tema che potesse
finire per terra su quel terreno pressoché impraticabile.
“O Rrè, – gli suggerì brutalmente – ch’a sìmu àllu pendìnu;
statt’attìantu ch’a mula è bizzarra e te jiètta. ’Un tantu ’a futtùliari,
stringi ’e cosce e mantènete tisu…!” (O
Re, che stiamo procedendo in discesa; fai attenzione perché il mulo è bizzarro
e ti butta giù. Non stuzzicarlo più di tanto, stringi le gambe e cerca di stare
ritto.) Demetrio
Russo


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