La storia insegna che di morte apparente
son piene le fosse. Difatti, sono tanti i casi di morte presunta verificatisi
nel corso degli anni, specialmente nella prima metà del secolo scorso quando la
medicina e le apparecchiature a disposizione erano ben lontane dai livelli
attuali. Quante persone, magari ammalate e colpite da temporanea sospensione
naturale delle funzioni organiche, sono state spesso dichiarate “passate a
miglior vita”, mentre ore dopo si sono riprese, tornando a quella terrena, alla
vita di tutti i giorni? Tantissime e dappertutto.
C’è chi ricorda che, anche dalle nostre
parti, il fenomeno catalettico è stato più di una volta di casa. Si racconta
addirittura di una curiosa veglia funebre, tenutasi mezzo secolo fa in un
casolare di campagna, dopo qualche ora … saltata per il ritorno alla vita del
“morto”. Sull’autenticità di questa storia, narrata con dovizia di particolari
e di sfumature gustose, francamente non oso mettere la mano sul fuoco, benché
siano in tanti coloro che ne assicurano l’autenticità. Qualcuno, addirittura,
ricorda anche il cognome dello sfortunato e al tempo stesso fortunato
protagonista: Butera (sul nome tante discordanze). Anche tale dettaglio non
sarà pure parto della geniale fantasia del solito burlone?
Per quanto attiene al fatto, cioè alla
morte presunta, la vicenda non fa una grinza in considerazione, appunto, della
molteplicità di casi simili riportati dalle cronache, anche di recente. Per
quanto riguarda invece il resto, vale a dire le generalità del “morto” e le
circostanze del “decesso”, non saranno certamente in pochi coloro che non
potranno fare a meno di storcere il muso, nel senso di nutrire forti dubbi se
vere oppure no. In effetti, non è da escludere l’ipotesi che si tratti di una
storiella inventata di sana pianta da chi la sapeva o la sa lunga. E se non
inventato del tutto, fatta salva la morte apparente, tale racconto quantomeno
sarà stato manipolato, rielaborato, reso simile a una farsa dall’umorista di
turno. Tuttavia, la divertente vicenda sa tanto di tragicomico da meritare, già
solo per questo, di essere raccontata senza aggiungere né togliere nulla di
rilevante al racconto fatto ad amici da un anziano coltivatore diretto, a suo
tempo informato da uno dei familiari del redivivo.
Questa, comunque, la curiosa storiella:
una sera, nella stanza da letto di un casolare, una vecchia massaia veglia la
salma del marito "deceduto" nella mattinata, per come accertato dal
medico (collasso cardiaco, la diagnosi). Anche il prete della vicina parrocchia
ha provveduto qualche ora più tardi a somministrare l’estrema unzione.
Che cosa sarebbe successa a distanza di
poche ore? Durante la notte il “morto” si sveglia dal sonno catalettico
rientrando nel mondo dei vivi. E fin qui il fatto probabilmente sarà vero,
stante la divulgazione per opera dell'anziano coltivatore diretto e delle persone
alle quali egli l'avrebbe riferito. Il “canovaccio” del racconto, nella sua
seconda parte – quella che legittima dubbi riguardo all'attendibilità –
prosegue con il “cadavere” che allunga le mani, deboli e magre, sui bordi della
bara riuscendo appena a sollevarsi di quel tanto da intravedere i bianchi
capelli della consorte appisolata su una sedia e con il capo reclinato sul
petto. Lo sbigottito contadino, rivolgendosi alla moglie, con un filo di voce
la supplica:
- “O Catirì, càcciami d’u tavùtu, ch’a
'un sugnu mùartu!” (Caterina, toglimi dalla bara perché non sono morto!).
L’anziana donna, con gli occhi socchiusi e
senza rendersi ancora conto di quanto sta succedendo, di primo acchito e
inconsciamente la spara davvero grossa:
- “Eccìtu tu, mò ’ndi vùa capiscìri
’cchiù du mìadicu?” (Fai
silenzio tu. Può essere mai che tu ne sappia più del dottore!).
Poi, però, preso atto della situazione, la
vecchietta esulta di gioia per il ritorno dagli... inferi del miracolato
coniuge. Demetrio Russo



Nessun commento:
Posta un commento